Equivoci su “sacramentum”


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“SACRAMENTUM TANTUM”?
PICCOLA STORIA DI UN EQUIVOCO SISTEMATICO DELLA TRADIZIONE LATINA

La parola sacramento attraversa tutta la tradizione cristiana e cattolica e noi tendiamo a leggerla soprattutto nella interpretazione successiva al concilio di Trento. Se però osserviamo meglio questa storia, scopriamo che ci sono stati alcuni passaggi, non privi di traumi e di scontri, che hanno trasformato il significato della parola.
Potremmo dire che, fino al IX secolo vi è un sostanziale consenso nel ritenere che il termine sacramento indichi la storia della salvezza che prende forma in alcuni atti rituali: anzitutto l’iniziazione cristiana, ma poi anche la penitenza e l’unzione dei malati. Del tutto significativo che papa Innocenzo I, nel 416, dica che l’unzione dei malati è “in genere sacramenti”. Questa espressione del papa del V secolo segnala una cosa importante: sacramento è il “genere” che accomuna una serie di azioni rituali, centrali per la vita cristiana. Tuttavia, a partire dal IX secolo, le controversie eucaristiche, che dureranno circa 200 anni, costringono la dottrina ecclesiale a cambiare linguaggio. Così si passa, lentamente ma efficacemente, da una attenzione al sacramento come genere ad una attenzione al genere del sacramento. Questo sviluppo, che certamente attinge anche al sapere dei secoli precedenti (soprattutto agli scritti di Agostino), elabora un sapere differenziato del sacramento, identificandone diversi livelli. Questo è comprensibile solo sulla base di una nuova lettura del sacramento come “segno”. Il sacramento come segno di una cosa sacra crea lo spazio di una ripartizione teorica che considera il solo sacramento, il sacramento e il suo significato e infine il solo significato. Nel linguaggio della Scolastica si parlerà così di sacramentum tantum, res et sacramentum, res sacramenti. Poiché questa elaborazione teorica diventa patrimonio del Magistero, si arriva, a partire dal XII secolo, ad assumere una terminologia che parla del sacramento intendendolo anche come semplice segno. Qui sta il punto sistematicamente più decisivo, che potremmo così riassumere: fino al IX secolo nessuno avrebbe capito che cosa potesse significare sacramentum tantum, ossia soltanto sacramento, perché con quella parola si intendeva una pienezza e una compiutezza fondamentale. È chiaro che quando si dice soltanto sacramento si usa il termine in un senso formale che i secoli precedenti non solo non avrebbero compreso, ma avrebbero respinto.
Tutta questa vicenda è molto istruttiva per capire che cosa è successo ai primi del XX secolo. Ossia una sorta di ribellione contro un linguaggio che, spezzando l’esperienza del sacramento in tanti ambiti autonomi, impedisce di viverlo come atto rituale di celebrazione. Noi potremmo dire oggi, alla luce del Movimento Liturgico, che l’espressione sacramentum tantum è in sé contraddittoria. Riuscire a vedere la contraddizione di questo linguaggio è una delle condizioni per difendere oggi la Riforma liturgica.

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