La Fiandra e il Responsum: luci e ombre


 

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In una scena del Don Carlos di Giuseppe Verdi Rodrigo canta queste parole al re Filippo:
“O signor, di Fiandra arrivo,
Quel paese un dì sì bel;
D’ogni luce or fatto privo.
Spira orror, par muto avel!”

Dopo il diffondersi delle notizie sul documento dei vescovi fiamminghi a proposito delle coppie omosessuali e della preghiera ecclesiale su di loro, dai siti tradizionalistici è stato un continuo far coro alle parole di Rodrigo: i vescovi distruggono la Fiandra, sono eretici, hanno compiuto uno scisma, non tengono conto del magistero romano.
Il documento, che ho messo come immagine di questo post, in sole due pagine concentra un discorso molto equilibrato e che forse ha solo un limite: contrariamente alle accuse di non aver tenuto conto del Responsum della Congregazione dell’anno scorso, io penso che se ne sia lasciato condizionare eccessivamente, come cerco di spiegare in queste mie brevi riflessioni.
Si deve dire subito che si tratta di un testo lucido, coraggioso, effettivamente aperto a nuove soluzioni e che pare diviso nettamente in due parti. Una prima parte imposta una pastorale dell’accompagnamento delle persone e delle coppie omosessuali, mentre la seconda, più breve, formula alcune ipotesi di preghiera ecclesiale di queste coppie e con queste coppie.
Circa la prima parte, è notevole il ricorso a ripetute citazioni di Amoris laetitia, alla cui luce viene interpretata la pastorale per le persone omosessuali. In particolare si deve notare la citazione di AL 303, il famoso testo che giustifica la possibilità che la volontà di Dio non si identifichi con l’ordine della legge oggettiva. Questa citazione è importante, perché nella seconda parte, dedicata alla preghiera, in qualche modo viene smentita. Cerco di spiegare perché.
Va ricordato che siamo di fronte a un documento episcopale, che ha bisogno della prudenza del caso e perciò, contrariamente a quanto affermato da diversi commentatori, tiene presente quella “legge oggettiva” che è il Responsum. Tale legge, infatti, nella quale si dichiara che la Chiesa non ha il potere di benedire le coppie omosessuali, si basa su un sillogismo falso. Esso dipende da una analogia tra sacramentali e sacramenti che viene trasformata in una identità. Sarebbe come dire che siccome la scimmia ha analogie con l’uomo, allora la scimmia è un uomo. Ciononostante i vescovi fiamminghi fanno molta attenzione a non parlare mai di benedizione: la preghiera ecclesiale delle coppie omosessuali e con le coppie omosessuali prende la forma del rendimento di grazie, della lode, della supplica, della intercessione, ma mai della benedizione.
In questo senso i vescovi fiamminghi condividono con il Responsum un errore nel considerare la benedizione, che sembra più un negozio giuridico da evitare che non una preghiera con cui riconoscere il bene.
Una lunga storia può spiegare questi equivoci. Fino al 1563 la forma del sacramento era la benedizione, mentre i negozi giuridici si lasciavano alla natura e alla città. Dopo il 1563 la Chiesa cattolica ha preteso di assorbire tutto nel sacramento: natura, cultura e fede. Ma in questo modo ha emarginato proprio la benedizione, che non è più il centro del sacramento. Il nostro tempo deve recuperare l’autonomia medievale degli ordini naturali e civili e recuperare la qualità di preghiera della benedizione.
I vescovi fiamminghi hanno scritto un testo coraggioso ma parziale, per prudenza pastorale. Dobbiamo però sempre ricordare che obbedire a una legge ingiusta non rende mai giusti.

Mihi dictanti dono Daniela perscripsit citius

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