Dagli incroci alle rotatorie: Amoris Laetitia favorisce strade meno rischiose


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Come è noto, da sempre trivi e quadrivi sono stati ritenuti luoghi rischiosi, non solo per Edipo o per Don Abbondio. Anche gli incroci stradali non hanno fatto eccezione a questa antica regola. Per questo si son dotati, col tempo, di diritto di precedenza, di segnali di stop, di semafori. Tutto questo finché dal Regno Unito non è arrivata la “rotatoria”. Con la rotatoria l’incrocio si converte: le due grandi direttrici non si incrociano più direttamente, ma con un garbato accompagnamento, sono piegate ad un discernimento comune, che fa ruotare intorno ad un punto, che nessuno attraversa, ma intorno al quale tutti passano. In tal modo, abbassando la velocità di tutti, e orientando tutti ad una rotazione nella medesima direzione, ognuno è infine restituito alla direzione voluta, ma con una composizione del conflitto meno pericolosa e complessa.

Questa evoluzione della circolazione stradale può suggerire una immagine efficace per comprendere efficacemente la funzione che “Amoris Laetitia” può svolgere nel complesso della “circolazione” in materia di pastorale familiare.

Come è evidente, una linea di “dottrina oggettiva” sul vincolo  matrimoniale, e una linea di “esperienza soggettiva” dei legami familiari, quando si incrociano, possono determinare un quadro molto complesso di mediazioni, ma anche una alta percentuale di incidenti. Proprio per il fatto che le due strade, con la loro tendenza perpendicolare, confliggono  con più forza precisamente nel punto di incontro. Una lunga tradizione, negli ultimi duecento anni, ha conosciuto comunque solo l’incrocio come modalità di gestione del conflitto. E spesso ciò ha determinato una lacerazione tra ragioni oggettive e esigenze soggettive, con conseguenze molto graci per entrambe.

Oggi, con “Amoris Laetitia” cambia la gestione del conflitto. Dall’incrocio si passa alla rotatoria. Non c’è più perpendicolarità tra norma oggettiva e condizione soggettiva, ma si introduce quello stile dell’accompagnare, del discernere e del reintegrare che, metaforicamente, possiamo chiamare “pastorale della rotatoria”.  Il punto qualificante è che non si pone più una alternativa drastica tra dottrina e pastorale, tra “foro esterno” e “foro interno”, i quali non si incrociano più direttamente. Si introduce invece un “foro pastorale” – la rotatoria, appunto – che si frappone proprio nel punto in cui le due logiche e i due fori potrebbero confliggere.

Nel “foro pastorale”, infatti, i tre verbi qualificanti – accompagnare, discernere e reintegrare – aiutano a “camminare insieme”, per una via meno breve ma più sicura. La rotatoria non è mai la “via più breve”: allungando la strada, la rende per tutti non solo meno rapida, ma anche più sicura.

“Amoris Laetitia” è una meravigliosa complicazione, come la rotatoria. Nell’aggirare sapientemente il conflitto e nel riorientarlo in un “circuito comune”, ha bisogno di una chiesa che trasformi, gradualmente, i propri incroci in rotatorie. Che sappia perdere tempo e strada nell’accompagnare e nel discernere, perché a ciascuno sia consentito di trovare la propria via, in modo più sicuro e più umano. I cantieri sono aperti.

 

 

 

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