Le analogie imperfette e le analogie apparenti: sui “precedenti” di “Fiducia Supplicans”


Il pensiero teologico procede molto spesso per analogia. Per analogia possiamo approssimarci alla verità del mistero trinitario e per analogia comunicano le parabole sul Regno di Dio raccontate da Gesù. Ma la teologia deve sempre ricordare che le analogie sono costruite “secundum quid”: occorre verificare se la somiglianza che si pretende di dimostrare analogicamente sia veramente fondata e se sia veramente rilevante. Papa Francesco ha messo in guardia, al n. 73 di Amoris Laetitia, dall’utilizzo troppo disinvolto della analogia tra la relazione Cristo-Chiesa e la relazione marito-moglie, chiamandola, appunto “analogia imperfetta”.

Questa premessa è utile per valutare con tutta la necessaria chiarezza la interessante analogia che Andrea Tornielli ha rilevato oggi (qui) tra un documento dell’anno 2000, la “Istruzione sulle preghiere per ottenere da Dio la guarigione”, e il documento della medesima Congregazione (oggi Dicastero), del 2023, “Fiducia supplicans”. La analogia permetterebbe di configurare nel documento del 2000 un “precedente” del   documento del 2023.

La mia impressione, tuttavia, è che la analogia sia troppo debole, e basata su un equivoco. Se è vero, infatti, che le “preghiere di guarigione” previste dal documento del 2000 possono essere liturgiche e non liturgiche, e la differenza consiste precisamente nel fatto di essere le prime previste dai libri ufficiali, mentre le seconde non sono ufficialmente approvate, la analogia si ferma a questo elemento formale, che non è decisivo per la discussione che riguarda “Fiducia supplicans”. Visto che la benedizione prevista dal documento del 2023 non ha alcune “versione liturgica”, ma sarebbe integralmente pensata al di fuori di ogni ufficialità ecclesiale, la analogia appare troppo debole e poco rilevante per risolvere le questioni che sono state sollevate intorno al documento. Se per le preghiere di guarigione, la preghiera non liturgica può avere, come fonte analogica, la preghiera liturgica ufficiale, invece per le “benedizioni di coppie irregolari” non vi è alcun modello ufficiale liturgico cui riferirsi.

Tuttavia vi è un secondo e più importante elemento che impedisce di sostenere pienamente la analogia. Va precisato, infatti, che il documento del 2000 appare motivato da questioni che riguardano lo “stile ecclesiale” con cui veniva proposta la preghiera di guarigione. Nessuno, né allora né oggi, metteva o mette in questione che sul malato si potesse e si possa pregare: la domanda riguardava “come” farlo, e in questa domanda veniva elaborata una ragionevole distinzione tra forme “approvate” e forme “libere” di preghiera.

Molto diverso è il caso affrontato da “Fiducia Supplicans”: qui la discussione non riguarda anzitutto la modalità ecclesiale della benedizione, quanto i soggetti che domandano la benedizione. Una coppia eterosessuale che convive senza legame matrimoniale o una coppia omosessuale fondata su una unione civile possono essere benedette? Alla domanda non c’è una risposta liturgica accanto ad una risposta non liturgica, ma solo, secondo la Dichiarazione, una possibile risposta “pastorale”, rigorosamente non liturgica e non rituale, ma perciò priva di “modelli analogici”, perché inesistenti o ritenuti impossibili o sconvenienti o contraddittori.

Il terzo ostacolo che si frappone alla possibilità di considerare il documento del 2000 come un precedente del documento del 2023 riguarda la differenza tra “condizione di malattia” e “condizione di peccato”. Se, e finché, avremo categorie teologiche e culturali che riferiscono la preghiera di guarigione alla condizione di “malattia” e la benedizione di conviventi etero- o omo-sessuali come forme destinate a chi viene ritenuto vivere “vizi della castità” (più o meno gravi), non potremo risolvere la questione semplicemente proponendo una analogia tra condizioni che pensiamo come del tutto diverse. Fino a quando la benedizione di coppie irregolari non avrà un modello liturgico di riferimento, sarà costretta a costruire – senza analogia – un modello impossibile di benedizione non liturgica, a causa della condizione di peccato nella quale viene pensata la vita di coloro che domandano la benedizione. Nel documento del 2000 ufficialità e non ufficialità intervengono di fronte ad una malattia. Nel 2023 la possibile benedizione di coppie irregolari pretende oggi un lavoro magisteriale e teologico sulla concezione della “irregolarità” (e sul suo eventuale superamento) che non può essere risolta semplicemente mediante analogie con il passato. La questione è nuova e richiede sia sul piano dottrinale, sia sul piano disciplinare, nuove categorie e nuove prospettive. Altrimenti mettiamo pezze vecchie su vestiti nuovi, senza affrontare chiaramente le questioni più vitali. Non si dica che ad essere benedetti sono solo i singoli, perché per dire questo non era necessaria “Fiducia supplicans”, ma bastava il “Responsum” del 2021. La relazione cosiddetta irregolare, se esprime dei beni per i soggetti implicati, è importante che possa essere benedetta, senza che per questo si debba scendere nelle catacombe.  Su questa carenza rituale, spaziale e temporale della “benedizione pastorale” non si può richiamare la analogia con una condizione del tutto diversa, che non manca da secoli di forme rituali acquisite e riconosciute.

Share