La riforma liturgica secondo Hans Kueng (nel 1962): memorie del Concilio


Kung-Liturgy

La morte di un grande teologo induce quasi naturalmente a ritornare sul suo pensiero e sui suoi testi. Tornando alla parte di scaffale a lui dedicata, dietro ad una fila di libri ho trovato questo libro, pubblicato da Herder nel gennaio del 1963 e firmato da Hans Kueng nel dicembre del 1962. Il titolo è Kirche im Konzil, Chiesa in Concilio ed è un resoconto straordinario della prima sessione del Concilio Vaticano II, che si era appena chiusa (dall’ 11.10  all’ 08.12 del 1962). Il libro è composto di 221 pagine fitte fitte, come sempre ordinatissime e singolarmente chiare. L’occhio viene subito colpito dalla terza parte, la più sviluppata, che si intitola Lo svolgimento del programma: la riforma liturgica e si articola in 5 capitoli: 1. Riforma del culto alla luce della storia; 2. Latino: la lingua materna della Chiesa?; 3. Rinnovamento del Canone Romano; 4. Riforma liturgica e riconciliazione dei cristiani divisi; 5. Riforma del breviario alla luce della storia. Si resta subito colpiti dal fatto che Kueng possa scrivere questo testo a soli tre mesi dall’inizio dei lavori conciliari. E’ molto utile considerare nel dettaglio le sue osservazioni (che coprono più di 40 pagine, 82-124). Prima di addentrarci in questa parte del testo è bene considerare ciò che lo precede e ciò che lo segue. Infatti le prime due parti sono dedicate al “Programma del Concilio” e a “Essenza e realtà del Concilio”, mentre quelle successive hanno per titolo “Problemi di dottrina” e “La Chiesa in questo tempo”. Ognuna delle parti meriterebbe un esame accurato, perché offre in nuce buona parte di ciò che Kueng avrebbe studiato per i successivi 60 anni. Ad es. l’ultima parte inizia con un capitolo che ha per titolo “Ufficio petrino e ministero apostolico”. Ma torno al mio intento e mi soffermo sulla parte dedicata alla riforma liturgica.

a) Il quadro di insieme: al centro la “partecipazione attiva”

La ricostruzione storica della “messa”, proposta all’inizio di questa parte per grandi paradigmi, giunge alla delineazione della “messa del futuro” (89-90): come la immagina Kueng nel 1962, un anno prima della approvazione di SC? Egli divide l’orizzonte in due ambiti: la liturgia eucaristica dovrebbe avere una preghiera eucaristica detta a voce alta e in lingua comprensibile, con una semplificazione del canone romano sul modello della anafora di Ippolito; la liturgia della parola dovrebbe prevedere preghiera e canto comune, proclamazione e predicazione, con una maggiore ricchezza biblica (Kueng pensa ad un ciclo di SEI ANNI di letture domenicali e ad un ciclo per la messa quotidiana).  Entrambe le “mense” dovrebbero essere caratterizzate da: uso della lingua materna, celebrazione versus populum, partecipazione attiva del popolo, distinzione tra messa semplice e messa festiva, rinnovamente delle forme festive (canto popolare, canto corale, accompagnamento con ottoni o con orchestra, rinnovamento del canto festivo dei salmi), eliminazione di ciò che è secondario (come il raddoppio delle preghiere, la proclamazione del vangelo alla fine della messa…). Tutto deve tendere, per Kueng, alla celebrazione comunitaria che valorizzi la partecipazione attiva di tutto il popolo.

b) Il rinnovamento del Canone Romano

Dopo aver dedicato un’ampio capitolo al ridimensionamento delle pretese del latino come “lingua della fede”, Kueng si concentra sulla “riforma del canone”. Qui può essere molto interessante considerare come egli pensi agli sviluppi, che poi si sarebbero realizzati solo alcuni anni dopo, con molte idee, scontri, incomprensioni, fino alla forma del “messale romano” del 1969. Egli premette al discorso sulla Preghiera eucaristica, quello sulla “Preghiera universale” o “Preghiera dei fedeli”, il cui ristabilimento ordinario all’interno della sequenza rituale faciliterebbe, secondo Kueng, la riforma del Canone, riportandolo al suo carattere originario, così facendo cadere le “intercessioni” dalla sua struttura, divenuta sovrabbondante. A questo scopo Kueng pubblica su due colonne il Canone Romano e la Preghiera eucaristica della Traditio Apostolica di Ippolito (pp.101-104). la sinossi permette di desumere una serie di considerazioni di carattere teologico, orientate soprattutto in direzione di un poderoso recupero del senso originario della cena del Signore, il cui carattere di memoriale e di convito deve recuperare una nuova centralità. E qui egli interpreta il gesto di papa Giovanni, che aveva appena introdotto nel Canone il nome di S. Giuseppe, e così modificando il testo rimasto immutato dal Concilio di Trento, come la indicazione della possibilità formale di ben altri mutamenti. Si deve notare che, almeno fino a questo punto, Kueng non pensa ad una “pluralità di testi” di preghiere eucaristiche, ma alla semplificazione e riduzione all’essenziale dell’unico Canone.

c) Il valore ecumenico della riforma liturgica

Kueng è consapevole che, nel dicembre del 1962, non tutto è compiuto. Si dovrà arrivare ad un testo approvato dalla Assemblea plenaria (e avverrà un anno dopo, il 4 dicembre del 1963) e poi si dovrà fare materialmente la riforma. Ma tutto questo potrà avere un valore “ecumenico” o sarà una questione puramente “intracattolica”? Kueng segnala qui le opportunità di una “partenza liturgica” del Concilio in senso riformatore, ma anche il rischio di una certa possibile chiusura tradizionalistica e romantica. Per questo si confronta con la lettura “evangelica” della riforma liturgica: che cosa chiederebbero i protestanti alla riforma liturgica? Concentra queste richieste in quattro punti: una maggiore vicinanza della messa alla cena di Gesù; una ripresa del valore dell’ascolto della Parola; l’atto di culto come azione del popolo sacerdotale; la liturgia che si adatta alle diverse culture. Queste istanze generali, che possono accomunare cattolici e protestanti, debbono considerare però anche le questioni “classiche” che hanno creato tensione tra le due confessioni: la lingua parlata, il calice ai laici e la concelebrazione sembrano tre livelli su cui la maturazione portata dal Movimento Liturgico potrebbe condurre a importanti riforme interne alla celebrazione cattolica. Non è difficile vedere quanto, già nel 1962, fossero chiari alcuni dei profili che caratterizzeranno non solo il testo di SC, ma la concreta opera di riforma liturgica del Messale Romano.

d) La riforma del breviario

Un ultimo tema di interesse, per Kueng, è la riforma della preghiera ecclesiale. Egli  chiarisce subito come, nel Breviario, siano contenute “tre forme fondamentali” della preghiera ecclesiale: a) la liturgia della parola di tutto il popolo, b) la preghiera sacerdotale del clero secolare,  c) la liturgia delle ore dei monaci (p.117). Dopo aver sintetizzato la “storia del breviario” in tre gustose paginette piene di dati(118-120), arriva a descrivere le “possibilità attuali” e si chiede: sarà il Concilio capace di un rinnovamento di fondo? Egli ritiene che sarebbe anzitutto necessaria una ripresa potente sia della “liturgia della parola” con ritmo giornaliero la mattina e la sera (lodi e vespri). Poi dovrebbe svilupparsi il “proprium” monastico della santificazione della giornata lungo le ore. Ma la sua preoccupazione sembra soprattutto quella di rinnovare la qualità della preghiera del prete secolare, che tenta di ricostruire in modo assai originale.

Anzitutto a suo avviso occorre il tempo da dedicare alla preghiera. Così scende nel concreto: ogni giorno tre quarti d’ora devono essere dedicati alla preghiera. Ogni 15 minuti  ha una sua logica diversa:

a) primo quarto d’ora:  da dedicare alla “lectio continua” di tutta la Scrittura, da Genesi ad Apocalisse;

b) secondo quarto d’ora: meditazione o lettura spirituale;

c) terzo quarto d’ora: preghiera del mattino e della sera;

L’insieme di questo rinnovamento, della esperienza orante del popolo, dei monaci e dei preti, contribuirebbe non solo a mutare l’esperienza ecclesiale, ma anche a rafforzare i vincoli con le altre confessioni.

Così pensava Kueng nel dicembre del 1962. Non è difficile capire in che misura sia stato profeta e in che misura le sue intuizioni siano rimaste ai margini degli sviluppi successivi.

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