Munera 3/2023 – Editoriale

Abbiamo aperto il 2023 con un numero interamente dedicato alla fiducia e alle sue (buone) ragioni. Se lo chiudiamo con una riflessione sull’autorità non è per caso: le due esperienze sono per molti versi legate e complementari. Per un verso, l’autorità vive e necessita di fiducia, per un

altro, la fiducia suppone sempre una certa autorevolezza e solidità.

Non è dunque neppure un caso che l’una e l’altra siano oggi largamente in crisi.

Le autorità istituite non riescono più a conquistare la nostra fiducia: pensiamo – tra le altre – alla scuola e alle varie agenzie educative, alla politica, alla scienza, alla religione… Al contempo, accordiamo facilmente fiducia a istanze di altro tipo: i social, la pubblicità e, più in generale, tutti coloro che offrono soluzioni semplici e poco impegnative a problemi complessi.

Qui sta infatti il discrimine: tra chi si guadagna la nostra fiducia offrendo soluzioni facili che non richiedono alcun impegno e tanto meno alcun esame di coscienza da parte nostra e chi invece ci indica la via lunga dell’impegno di sé. Tra il Gatto e la Volpe, da una parte, e il Grillo parlante e la Fata Turchina, dall’altra. In questo, le avventure di Pinocchio sono una grande metafora della vita umana e del cammino che ciascuno di noi ha da compiere verso la propria umanità, attraverso molteplici esperienze di fiducia (ricevuta, data, eventualmente delusa o tradita), come pure attraverso l’autorevolezza di tanti incontri che ci restituiscono in qualche modo a noi stessi.

Nei decenni passati hanno avuto molta fortuna le interpretazioni della fiducia quale strategia di riduzione della complessità: mi fido di qualcuno per semplificarmi la vita. Tali letture ci aiutano

certamente a comprendere le patologie della fiducia e, di conseguenza, alcuni fenomeni del nostro tempo: i vari complottismi, per esempio, o la fortuna delle fake news. Tendiamo a fidarci di chi ci

prospetta soluzioni semplici, e piuttosto magiche, a problemi complessi. Ci fidiamo, perché ci fa comodo e ci solleva da ogni impegno e da ogni fatica.

Tuttavia, queste letture non ci permettono di comprendere che cosa sia davvero la fiducia, né tanto meno l’autorità. Ci aiutano piuttosto a capire perché a volte – proprio come Pinocchio – riponiamo

male la nostra fiducia, affidandoci ad autorità false e ingannevoli, ma non ci spiegano che cosa sia la fiducia. Né tantomeno che cosa sia l’autorità, la quale è tale, se ci restituisce a noi stessi, attraverso un impegno che è sempre a rischio di sé.

Certo, l’autorità non gode oggi di buona reputazione. Facilmente la si pensa in opposizione alla libertà e la si assimila al potere. L’autorità, però, non è potere e non è controllo. Come hanno mostrato alcuni tra i pensatori più raffinati che si sono occupati del tema – è il caso di Jaspers e di Capograssi – l’autorità è mediazione. Riconosciamo come autorevoli per noi quelle persone – ma anche quelle cose o quegli eventi – che in qualche modo mediano tra noi e noi stessi, restituendoci a noi stessi. Un’autorità è l’incarnazione affidabile di un valore che ci restituisce alla verità, e alla verità di noi stessi. Un’autorità può essere un genitore, un maestro, una persona di scienza o di fede. Ma può essere anche un bambino, che ci insegna di nuovo – con la sua stessa presenza e testimonianza – a guardare il mondo come non sappiamo più farlo.

Viviamo di fiducia e di autorità e dobbiamo dunque averne molta cura. Occorre molto lavoro per costruire fiducia e autorità, e basta un attimo per distruggerle irrimediabilmente. Il primo passo da compiere è certamente quello di riconoscerne l’importanza e la necessità, ritornando a pensarle.

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