Waiting for…Adhortatio Apostolica. Quattro vie di “soluzione” per le “famiglie ferite”
Se sono vere le “voci” che circolano negli ambienti ecclesiali, la Esortazione Apostolica sulla famiglia dovrebbe avere, come data di pubblicazione, il 19 marzo. Comunque dovrebbe essere pubblicata entro Pasqua. Sembra che qualche ritardo potrebbe derivare da problemi di traduzione.
Ad ogni modo, può essere utile considerare, rispetto all’ampio testo che ne deriverà (oltre 100 pagine), quali vie verranno assunte per affrontare le questioni più spinose delle “crisi” di vita familiare e della nuove unioni che ne derivano. Proviamo ad ipotizzare le quattro soluzioni possibili secondo il dibattito pre- e inter- e post-sinodale.
a) gli itinerari penitenziali: nella originaria proposta Kasper, che a sua volta derivava dalla esperienza tedesca dei vescovi dell’ “Alto Reno”, il superamento della condizione di “scomunica sacramentale” avverrebbe nel lavoro penitenziale dei “singoli soggetti”, a determinate condizioni, con un punto di arrivo “individuale” di assoluzione e di comunione.
b) la soluzione di foro interno: in questo caso, invece, come emerso dal documento conclusivo del Sinodo, non si parla di “tempi” e di “itinerari”, ma di “chiarificazioni” e di “convincimenti”. Sembra che “in foro interno” la persuasione maturata nel dialogo con un ministro potrebbe aprire la via alla comunione direttamente, senza mediazioni ulteriori.
c) la analogia con la “morte dei coniugi”: questa prospettiva, elaborata originalmente da B. Petrà, propone una “analogia” con la tradizione orientale, considerando la possibilità che la Chiesa possa riconoscere a determinate condizioni il “fallimento” del matrimonio rato e consumato, aprendo lo spazio per nuovi inizi.
d) il mutamento del concetto di “adulterio”: questa proposta è stata formulata da J.-P. Vesco, Vescovo di Oran, e suppone un adeguamento della normativa canonica e del concetto di adulterio come “reato istantaneo”, piuttosto che “permanente”, aprendo in tal modo alla possibilità della assoluzione e della comunione.
Ovviamente, ognuno di questi “modelli” di soluzione ha punti forti e punti deboli. I primi due, ad esempio, nella loro linearità, fanno fatica a raccordare livello “pastorale” e livello “giuridico”, creando possibili condizioni di “grave discordanza” tra foro interno e foro esterno. I secondi due, invece, lavorano in un accordo più forte tra dimensione giuridica e dimensione pastorale, ma richiedono passaggi concettuali e pratici molto più impegnativi e meno scontati.
Tutte queste “soluzioni” determinano la “possibilità della assoluzione” e quindi della comunione per soggetti che, nella condizione attuale, possono trovare la “soluzione” soltanto in un processo di riconoscimento della nullità del vincolo coniugale. In tutti e 4 i casi, tuttavia, per entrare nella logica pastorale, occorrono due condizioni elementari:
– si dovrebbe assumere il “tempo” come una variabile significativa per la identità dei soggetti battezzati: ossia non occorrerebbe soltanto “risalire all’origine del vincolo”, ma assumere la storia, la crisi, la possibilità e la realtà del vincolo in tutto il suo divenire;
– sarebbe urgente uscire da categorie giuridiche tanto rigide da eliminare, di fatto, ogni spazio per una significativa azione pastorale, proprio perché pensate per ricondurre tutto il tempo della relazione soltanto all‘ ”atto iniziale”.
Non vi è dubbio che tutto questo ambito del dibattito presupponga la delicata rilevanza del rapporto tra “azione pastorale” e “normativa giuridica”, rapporto che deve essere ripensato e ristrutturato in tutti i suoi aspetti, con un parallelo adeguarsi delle logiche pastorali e della norme di diritto procedurale e sostanziale. Chi oggi lamenta “confusione” sul piano giuridico deve riconoscere che, per adeguare il sistema a nuove priorità, per far spazio ad un nuovo equilibrio tra giustizia e misericordia, un certo margine di “maggiore confusione” risulta assolutamente inevitabile. Purché all’adeguamento del “foro esterno” corrisponda un progresso e una maggiore elasticità della pratica pastorale e della dottrina familiare. Ed è proprio un rinnovato sguardo su questa “ampia radura” ciò che attendiamo dalla prossima Esortazione Apostolica di papa Francesco: perché alla tanto grande e tanto preziosa “proporzione della giustizia” sia correlata una sempre più grande e più preziosa “sproporzione della misericordia”.
A me sembra che qualunque sia la soluzione al problema non potrà che essere bancale, farisaica e ipocrita, perchè la chiesa cattolica è prigioniera della propria logica giuridica e della lettura litteralistica e frammentaria dei passi evangelici in questione. Anche la nuova normativa entrata in vigore l’otto settembre soffre di questo vulnus. Perchè si compie ciò che Gesù denunciò: “Voi siete degli ipocriti. Siete veramente abili nell’eludere i comandamenti di Dio per osservare la vostra tradizione, insegnando come dottrina di Dio comandamenti che son fatti da uomini (Is 29,13). Mosé vi ha dato la Legge, ma nessuno di voi la mette in pratica. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre (Es 20,12; Dt 5,16), e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte (Es 21,17). Voi invece insegnate che uno non ha più il dovere di aiutare suo padre e sua madre, se dice loro che sono korbàn, cioè (Mt 15) se dice ad essi che ha offerto a Dio quei beni che doveva usare per loro». Cosa fà la chiesa cattolica dicendo che un matrimonio è indissolubile, ma può essere dichiarato nullo se…. questa è ipocrisia bella e buona, denunciata da Gesù… Non è meglio dire che è possibile fallire, tradire la vocazione cristiana del matrimonio e accedere ad altre dimensioni, quella del perdono, della grazia ?
Non sarei così pessimista. Io direi questo: da un lato la Chiesa cattolica è certo molto condizionata da una lunga tradizione nella quale le logiche giuridiche hanno spesso prevalso sulle logiche pastorali. Da 50 anni sta cercando, faticosamente, di uscire da questo “cul de sac”. Bisogna avere pazienza e contribuire a questo lento fenomeno di emancipazione dalle logiche più formali. La distinzione tra indissolubilità e nullità resta utile, anche oggi, ma è sovraccaricata per il fatto di essere l’unica forma di “risposta” al fallimento. Io credo che sia molto importante che questa via classica venga affiancata da altri rimedi. In questo modo naturalmente si ridimensionerà e uscirà dal sospetto di essere una “finzione”. Io penso che la sua domanda finale sia corretta e possa ottenere una risposta diversa da quella classica: restando nella fedeltà alla tradizione evangelica.