La lettera della discordia: troppe parole ingiuste e il silenzio degli innocenti
Nella curiosa storia della lettera di Benedetto XVI, scritta a proposito dei libri sulla teologia di papa Francesco, è apparso con chiarezza un singolare intreccio tra silenzio cattivo e silenzio buono, tra parole opportune e parole ingiuste. Vorrei isolare alcuni aspetti della vicenda, traendone qualche utile considerazione.
Anzitutto si deve chiarire un primo punto, che è rimasto singolarmente in ombra. Una iniziativa della LEV ha messo in piedi, con 10 teologi, una esposizione articolata della “teologia di papa Francesco”. In occasione della presentazione dei 10 volumetti è stata data lettura – parziale – di una lettera che Benedetto XVI aveva scritto per la occasione e nella quale proponeva alcune riflessioni a proposito della teologia di Francesco. Nei giorni successivi emergeva però che il testo della lettera di Benedetto comprendeva altri due paragrafi, omessi o dalla lettura o dalla pubblicazione, e che configurano un intento assai diverso da quello presentato e addirittura apertamente critico verso la pubblicazione.
Già altre volte avevo sottolineato la opportunità che il Vescovo emerito di Roma mantenesse accuratamente quel silenzio che aveva promesso all’atto delle proprie dimissioni.
Ma ora, come appare evidente, il silenzio mancato si intreccia con altri silenzi e altre parole e configura un intreccio complesso, la cui matassa deve essere un poco sbrogliata:
a) Joseph Ratzinger non ha preso la iniziativa, ma è stato sollecitato a scrivere una prefazione alla collana di libri su Francesco. Egli ha scritto privatamente a chi gli aveva rivolto la domanda, declinando la richiesta e facendo considerazioni a margine, che avrebbero ben potuto restare nell’ambito di uno scambio epistolare privato. Evidentemente, nel momento in cui sono diventate di dominio pubblico, tali parole hanno cambiato di valore. E attestano anche, purtroppo, una acrimonia e una unilateralità di giudizio su un “collega teologo” come P. Huenermann, del quale presentano un profilo distorto e ingiusto, che non fa onore a chi lo ha pronunciato, giudicando il grande teologo solo con il metro della “censura”. Il curatore del Denzinger non può essere in nessun modo presentato come un “nemico dei papi”. Ma questo, ripeto, avrebbe potuto e dovuto restare in ambito privato.
b) Chi ha richiesto il testo al Vescovo emerito di Roma avrebbe dovuto rassegnarsi al motivato diniego. Tanto più che lo sollecitava, inopportunamente, a rompere il silenzio al quale egli si era consegnato 5 anni prima. Ancor peggio è che si sia cercato di estrapolare dalla lettera soltanto ciò che suonava favorevole alla pubblicazione, omettendo parzialmente o totalmente il resto. In tal modo si è entrati in un tunnel di parole doppiamente ingiuste: verso l’autore del testo e verso gli autori dei libri. Anche in questo caso, molto meglio sarebbe stata che la consegna del silenzio, pur venuta meno da parte di J. Ratzinger, tentato dalla richiesta, fosse almeno garantita dai committenti. Dove poteva esserci il silenzio, si sono preferite parole ingiuste e imprudenti.
c) Vi sono poi gli autori dei testi, che sono rimasti totalmente in silenzio. In realtà sono gli unici che avevano titolo per parlare e che avrebbero dovuto essere ascoltati. Nessuno lo ha fatto: né Ratzinger, che non ha avuto tempo per leggerli e ha potuto solo riferire i suoi pregiudizi su uno degli autori, né il committente della Prefazione, che ha riferito solo alcune righe “interessate” della lettera ricevuta in risposta. Dove potevano esserci parole sensate e documentate, si è preferito il silenzio e il giudizio in contumacia.
d) Infine, non si può dimenticare papa Francesco. Il suo silenzio era dovuto. Egli era l’oggetto di una “appassionata ricerca” e anche di “stolti pregiudizi”. Ma la vera questione, che possiamo riconoscere al di sotto di tutta questa vicenda, è che Francesco ha avuto in questi 5 anni un merito innegabile: ha rotto il silenzio. La vera colpa di Francesco è stata di aver superato quel silenzio imbarazzato che per tre decenni aveva paralizzato il magistero, facendo credere che la autorità magisteriale “non avesse il potere” di cambiare alcunché in campo matrimoniale, in campo ministeriale, in campo liturgico, in campo penitenziale, in campo ecumenico, in campo giuridico, in campo curiale. L’ideale era diventato: tutti fermi. Francesco ha rimesso in moto la macchina e per questo valeva la pena che sulla sua parola teologica – alta e originale – si mettessero al lavoro teologi pronti e vivaci. Non stupisce che lo si sia chiesto anche ad un grande teologo come P. Huenermann, che ha continuato a parlare anche quando il magistero voleva dai teologi solo silenzio o applausi. Egli non è stato disposto a fare lo zerbino o il capo-clack e questo è stato il suo merito indiscusso, anche se viene presentato ora quasi come un crimine di lesa maestà. Curioso paradosso: chi ha promesso solennemente di tacere, ha parlato senza prudenza. Chi invece per mestiere e ministero doveva parlare, e ha parlato chiaro, perché mai dovrebbe tacere?
E’ un’operazione condotta con lo stesso stile del matrimonio in aereo perché papa Francesco si deve vendere con continue novità altrimenti l’attenzione si spegne.
Avere l”opinione dell”emerito avrebbe garantito i titoli dei giornali, l”ennesima operazione operazione editoriale con teologi sconosciuti al grande pubblico invece no.
Se continuate cosi al prossimo giro si riorganizzano,
fanno papa Burke e fanno scrivere i libretti teologici a Socci non dica che non l’avevo avvertita.
Il suo mi pare un caso di proiezione junghiana. Leggere nell’altro ciò che segretamente si è. Peccato. sarcasmo, acrimonia, parole ingiuste sono l’ultima cosa che ci si aspetterebbe (ma solo nel caso lei sia cristiana).
Non proiezione ma costatazione. Amor dat novos oculos
Dr Grillo,
il problema non sta nella valutazione di Benedetto, che può essere condivisa o meno, il quale non è imprudente poiché fornisce la sua valutazione in una missiva che Egli classifica tutta come personale e riservata: tale sarebbe dovuta rimanere! Qui è il problema! Ora quello che necessita è la pubblicazione integrale della richiesta di Viganò.
E mentre in Vaticano e fuori da esso ci si accapiglia sulla lettera del papa emerito, passa sotto silenzio la risibile pena inflitta al vescovo Apuron, riconosciuto due giorni fa colpevole di abusi sessuali su minori e punito con “la cessazione dall’ufficio e il divieto di residenza nell’arcidiocesi di Guam” e non con la dimissione dallo stato clericale come dovrebbe essere per i preti pedofili.
Non vorrei pensare male ma non è che il teatrino sulla lettera sia stato messo in scena ad arte per distogliere l’attenzione da quella scandalosa vicenda e poter continuare a riempirsi la bocca con i proclami di “tolleranza zero” che restano tali solo sulla carta? Già era stata fatta una figuraccia con la storia del vescovo cileno di qualche mese fa, forse non si voleva fare il bis…
Dr. Grillo,
il Suo articolo mi sembra complessivamente equilibrato nella ricostruzione della vicenda e nella valutazione generale. Peccato che il Suo commento conclusivo tradisca i Suoi “pregiudizi” verso Benedetto XVI. Se la lettera, come d’altronde Lei stesso ha correttamente riportato, rientrava in uno scambio privato, allora mi sembra fuori luogo il Suo commento conclusivo (“Curioso paradosso: chi ha promesso solennemente di tacere, ha parlato senza prudenza. Chi invece per mestiere e ministero doveva parlare, e ha parlato chiaro, perché mai dovrebbe tacere?”.
Forse la vera questione sulla quale interrogarsi è la reale consistenza e natura (a mio avviso di origine molto varia) del “dissenso” intorno al Magistero Bergogliano. Quest’ultimo, tra gli innegabili meriti, presenta alcune ambiguità nel linguaggio e nei messaggi (volute o non volute non è sempre facile saperlo!) le quali alla lunga rendono comprensibili (ma non giustificabili) interventi maldestri come quello di Viganò. Se il “dissenso” verso l’attuale Magistero fosse così circoscritto come si sente spesso ripetere, non si spiegherebbe l’altrimenti incomprensibile operazione Viganò.
La realtà, come Lei correttamente sostiene, e su questo concordo con Lei, è che tra i due magisteri esiste un’evidente discontinuità su certi temi.
Il giudizio di merito su queste “discontinuità” dipende ovviamente dalle sensibilità filosofiche e teologiche di ognuno.
Cordiali saluti
Caro Andrea,
ho letto con molto interesse le tue lucide riflessioni a margine dello spiacevole incidente mediatico provocato dalla divulgazione della lettera privata di Joseph Ratzinger, relativamente alla sua indisponibilità a scrivere una breve e densa prefazione ai volumetti della collana «La teologia di papa Francesco» (LEV, Città del Vaticano 2018).
La incresciosa vicenda merita di scomodare l’espressione hegeliana «eterogenesi dei fini» – probabilmente provocata dalle migliori “buone intenzioni”…
Con vero rammarico dobbiamo constatare che sono state ingiustamente coinvolte due personalità quali Joseph Ratzinger, il cui giudizio (per quanto discutibile) su un collega teologo era racchiuso in una missiva privata che non doveva assolutamente essere resa pubblica (!), come pure Peter Hünermann, indebitamente chiamato in causa e fatto oggetto di accuse – a mio modesto avviso – palesemente infondate.
Io neanche di fronte al plotone di esecuzione (dei vaticanisti) – mai e poi mai –
avrei accettato di rendere pubblico il giudizio di Ratzinger che coinvolge la prestigosa figura del teologo emerito della Facoltà di Teologia cattolica di Tübingen.
Conoscendo di persona il prof. Peter Hünermann desidero attestargli la mia stima e il mio riconoscimento per il contributo che egli ha fornito alla teologia postconciliare con la sua intensa attività di docente, di editorialista, di promotore di iniziative teologiche – tutte caratterizzate da una profonda passione per la verità della rivelazione cristiana e per un sincero spirito di comunione ecclesiale.
Per concludere vorrei ricordare una breve riflessione del teologo Ratzinger, comparsa a distanza di soli dieci anni dall’ultimo Concilio: «Al di sopra del papa, come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica, resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica» (Joseph Ratzinger, in Herbert Vorgrimler (ed.),«Commentary on the documents of Vatican II», vol. V, pag. 134, Herder and Herder, 1967-1969, New York).
Ritengo che oggi più che mai occorra saper armonizzare l’autentico sensus Ecclesiae, la sincera comunione con il papa e l’episcopato, la pratica sinodale e la libertà della ricerca teologica, come sapere critico della fede nel Vangelo di Gesù.
Ti saluto cordialmente.
Caro Marco,
penso che le tue considerazioni siano utili a ricondurre il dibattito nel suo alveo più proprio e più urgente. Grazie per il tuo contributo.
Grazie prof. Grillo per questa sua lucida e chiara analisi di una vicenda grottesca e direi desolante. Madre di tutti i problemi, come lei sottolineava all’inizio, è il fatto che il Pontefice emerito venga “fatto parlare” così tanto, e peggio ancora che venga tirato in ballo strumentalizzando poi le sue parole in un senso o nell’altro (maldestramente poi come in questo caso da chi lo vorrebbe usare a tutti i costi come legittimatore del Pontefice regnante, come se ce ne fosse bisogno). Sarebbe stato più opportuno che il silenzio promesso cinque anni fa fosse stato mantenuto, sia per tutelare la riservatezza di un ruolo inedito e delicato come quello di Papa emerito, sia per evitare di prestare il fianco, seppur involontariamente, a chi cerca pretesti per accusare Francesco di qualsiasi nefandezza e, di conseguenza, dividere la Chiesa.
[…] Office. Grillo, a professor of theology at the Pontifical Sant’Anselmo Univerity, titled his blog post “The letter of discord: too many unjust words and the silence of the innocent” […]
[…] See Press Office. Grillo, a professor of theology at the Pontifical Sant’Anselmo Univerity, titled his blog post “The letter of discord: too many unjust words and the silence of the innocent” In 2017, […]
[…] Office. Grillo, a professor of theology at the Pontifical Sant’Anselmo Univerity, titled his blog post “The letter of discord: too many unjust words and the silence of the innocent” […]
“Come è possibile che la Lev abbia commissionato a 11 teologi questi volumetti includendo fra loro due tedeschi che il Papa emerito, alla fine, considera la ragione per la quale non può dare il contributo richiesto? Come è stato possibile dare tribuna ad un teologo fondatore di un’organizzazione contraria apertamente al magistero pontificio? Le parole di J. Ratzinger al riguardo sono come un macigno e si devono trarre le conseguenze.” (Il sismografo)
[…] a professor of theology at the Pontifical Sant’Anselmo Univerity, titled his blog post “The letter of discord: too many unjust words and the silence of the […]
Viganò ha commesso un errore gravissimo. Voleva legittimare il Sommo Pontefice attraverso le parole della Regina Madre. Ma Francesco non ha bisogno di essere legittimato, essendo lui il Papa
E poi Ratzinger quanto parla .,. Perché non continuava a fare il papa, se ci tendeva. Ma se ne è scappato sapendo che sarebbe finito nel tritacarne
[…] blamed Lettergate on the retired pontiff, again demanding Ratzinger’s silence, accusing him of “speaking imprudently.” In Germany, Jesuit priest Bernd […]