Ritrovare il senso delle chiese disseminate nel territorio italiano: un’avventura da proporre a tutti


L’esperienza che si è voluto affrontare, sollecitati dal Meic, con la sequenza di visita alle chiese milanesi rimanda ad una lunga e straordinaria storia, della quale pare opportuno richiamare per spunti qualche aspetto generale. Per approfondire le ragioni delle nostre tappe.

Non casualmente il cristianesimo prese consistenza e si diffuse innanzi tutto nelle città. Nella tarda antichità la cattedrale, chiesa madre sede del vescovo, era ancora per lo più fuori dalle mura romane, lontana dunque dal foro ma non dal tessuto abitativo. Con l’allargamento della cinta muraria nel corso del medioevo, essa entrò a far parte del cuore delle città finché, tra XI e XII secolo, epoca dei liberi comuni, ne divenne, con il palazzo del governo comunale, il polo centrale.

Grande chiesa, splendida per forme e ricca di pitture e sculture evocative, per svolgere a pieno il compito cultuale secondo il senso complessivo della vita cristiana, essa ebbe alle proprie dipendenze altri edifici: il palazzo sede del vescovo; asili per l’ospitalità dei pellegrini; magazzini per riserve alimentari, con cui fornire aiuti ai membri più poveri; abitazioni per la vita in comune del clero, speso articolate intorno a chiostri. Inoltre, anche grazie a questa complessa articolazione spaziale e alla coesistenza con gli edifici civili di maggiore rappresentanza, assunse funzione di perno di una o più piazze destinate ad ospitare il mercato oltre che feste e processioni; talvolta ebbe nell’immediato intorno anche il cimitero.

Dalla città, il cristianesimo si diffuse gradualmente nei borghi e nelle campagne, in un pullulare di pievi con chiese centrali, dotate di battisteri e residenze di sacerdoti, e chiese succursali da esse dapprima dipendenti, in seguito parrocchie direttamente collegate alla sede vescovile urbana. Nel corso dei secoli crebbe il numero di cappelle devozionali e di segni sacri che costellarono il paesaggio in zone appartate, in contesti ben visibili, sulla cima di alture talvolta persino incassate in anfratti rocciosi.

Imponenti luoghi di pellegrinaggio o piccoli santuari per devozioni largamente condivise ricordarono agli uomini la loro condizione di pellegrini sulla terra, in cammino verso la patria celeste. In due millenni di storia, nelle terre occidentali ma non solo, l’intero contesto abitato e tutto il paesaggio accessibile all’uomo è stato, gradualmente e profondamente, contrassegnato dai segni della presenza delle comunità cristiane.

Con l’avvento dei processi industriali e del vorticoso susseguirsi delle loro fasi accompagnate da una secolarizzazione sempre più ampia, questa generale cristianizzazione venne sconvolta al punto da rendere inevitabile un interrogativo sulle ragioni profonde del contrasto tra modi di vita nei recenti assetti abitativi e ritmi di tempi e figure di spazi elaborati nel passato e, per frammenti, ancora presenti fra noi.

L’interrogativo è divenuto pressante nei riguardi del prossimo futuro, poiché ci si chiede che ne sarà di questi ritmi e di queste figure, di cui siamo eredi, nella società multietnica che si va costituendo. Di conseguenza ci si interroga su quale sarà il destino delle chiese, nelle città che le hanno custodite per secoli e di cui costituiscono ancora, in moltissime aree del pianeta, fondamentale segno di ordine complessivo. In molte zone nord europee da tempo esse vengano chiuse o destinate a riusi impropri; analoga situazione si sta creando sempre più anche tra noi.

 

Tornando agli inizi della storia cristiana, le prime comunità non si preoccuparono di dar luogo a un nuovo modello di spazio sacro urbano, distinto e contrapposto a quello pagano; avvertirono subito la necessità di segni di identificazione e di luoghi cristiani in contesti non distanti dalle loro abitazioni, arricchiti all’interno dai racconti dell’Antico e del Nuovo Testamento, dispiegati nei grandi e sfavillanti mosaici dal fondo dorato. Si tennero invece a lungo lontani dalle sculture, essendo queste utilizzate a lungo per dar luogo alla presenza degli dei e dello stesso imperatore romano negli spazi pubblici.

Benché poco ci sia pervenuto riguardo all’organizzazione interna delle prime chiese, gli scavi archeologici segnalano spesso importanti variazioni susseguitesi nel corso di tempi non lunghi, segno di un’attenzione costante alla fisicità del processo iniziatico che in esse aveva luogo.

Se è vero che in contesto cristiano il senso del sacro fa perno sul valore assoluto di ogni uomo, figlio di Dio, innestandolo anche nella vita civile, questa novità non ha indebitamente sottratto ai comportamenti religiosi la loro specificità fisica e spaziale. Inoltre le prime generazioni di convertiti, ha dimostrato da tempo Peter Brown[1], conservavano in sé una capacità simbolica e un senso del sacro potenti, che condividevano con quelli di tutti i loro contemporanei. Oggi nelle aree occidentali queste capacità costitutive della coscienza umana risultano invece, in tutti, affievoliti benché non scomparsi. Si può ritenere, anzi, che si sia mantenuta fino ad oggi una certa continuità di senso del sacro, una religiosità divenuta quasi solo interiore, privata, cui sembra non corrispondere il bisogno e il senso del culto pubblico, propriamente ecclesiale.

Agli occhi di chi ha fede i rischi connessi a questa tendenza rendono ancora più preziose che nel passato le chiese, antiche o moderne che siano. Anche restringendosi al solo territorio italiano sono migliaia le chiese parrocchiali costruite nella seconda metà del XX secolo e concepite con un ruolo di centralità, identificata più normalmente, in ragione dell’estensione urbana illimitata, come centralità di quartiere. Sono chiese caratterizzate da poetiche diverse, in relazione al diverso temperamento e al talento dei loro autori. Tutte risultano sottoposte a notevoli trasformazioni: al loro interno, in ragione del mutare degli orientamenti liturgici postconciliari della Chiesa cattolica, e all’esterno, in rapporto al contesto che le circonda, a causa della attuale accelerazione del ridisegno dei paesaggi, urbani e non.

Normalmente esse non si propongono con la monumentalità di chiese cattedrali, sono anzi nella stragrande maggioranza dei casi costruzioni di modeste dimensioni, il cui valore di centralità urbana diventa fisicamente sempre più debole, man mano che le modifiche di contesto le sommergono mentre gli edifici civili diventano più alti o imponenti. Monotona, distratta e non stimolante può essere ritenuta l’insoddisfazione, tuttora diffusa come luogo comune, per le chiese contemporanee. Da questo deleterio incantamento occorre destarsi. L’architettura moderna di chiese cristiane e le arti ad esse collegate offre infatti non poche realizzazioni di qualità, purtroppo però non celebrate come lo sono oggi i grattacieli, i musei e i grands travaux con funzione pubblica.

Un popolo di fede viva non può però restare indifferente di fronte a questa straordinaria eredità e ai rischi che essa corre.                                                          Maria Antonietta Crippa

Alla prossima puntata!

[1]P. Brown, La fondazione dell’Europa cristiana. Universalismo e diversità, Laterza, Bari, 2003.
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