Munera 3/2017 – Pier Paolo Portinaro >> Democrazia, diritti e implosione della modernità

Dire modernità in economia è dire, lo si ripete incessantemente, capitalismo, mercato, consumo di massa. Dire modernità in politica è dire costituzione, democrazia e diritti. Al primo polo si addensano le demonizzazioni; al secondo, si accumulano le apologie. Ed è incontestabile che la ragione moderna abbia operato facendo leva sulla dimensione giuridica come strumento per la neutralizzazione dei conflitti. La straordinaria fioritura del diritto nel secolo XIX, con la sua esaltazione del senso della misura, sfocia in assetti istituzionali caratterizzati da alto grado di certezza e organicità: le codificazioni modellate sull’esempio napoleonico e le costituzioni scritte, anch’esse frutto di un ripensamento delle esperienze rivoluzionarie francesi.

Al culmine di questo sviluppo, e in reazione alla rivolta antiformalistica della prima metà del Novecento, il diritto viene tematizzato come il medium grazie al quale i risultati del processo democratico trovano espressione in norme fornite di legittimità. La teoria discorsiva del diritto di Habermas – la risistemazione ad oggi più rilevante del progetto filosofico-politico della modernità – attribuisce legittimità al diritto solo nella misura in cui siano gli stessi cittadini a decidere sulle norme cui sottostare e la procedura per produrre diritto sia sottoposta a controllo tramite argomentazione critica. Contro la riduzione del diritto a un insieme di princìpi morali, proprio Habermas non si è stancato di ribadire che i diritti umani, pur poggiando sull’autonomia morale delle persone, acquistano forma positiva solo attraverso l’autonomia politica dei cittadini.

Tuttavia, la crescente moralizzazione delle forme di vita cui ha messo capo la cultura dei diritti ha ingenerato una divaricazione sempre più accentuata tra i princìpi del costituzionalismo e la democrazia. La modernità si è impegnata in un progetto di sublimazione di sé medesima che in definitiva si sta rivelando inattuabile. Così, nell’accelerazione impressa alla storia dall’ultima voluta della globalizzazione, la sintesi che le democrazie costituzionali del secondo Novecento avevano realizzato si allenta.

Non è un caso che anche le voci ostili a un discorso che ha finito per affermare il primato dei diritti sulla stessa dinamica democratica siano venute moltiplicandosi e radicalizzandosi.

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