Munera 1/2024 – Tomaso Pignocchi » La profondità del quotidiano. Etica e senso nella poesia haiku

Un modo per mettere a fuoco cosa sia in gioco nell’atto poetico può essere quello di indagare anzitutto a cosa esso si contrapponga, quale tendenza specificamente umana esso contrasti. A questo scopo partiremo da alcune considerazioni di Ludwig Wittgenstein, filosofo tra i più singolari e importanti del Novecento, la cui eredità ha imposto svolte decisive al modo di guardare le cose quando si fa filosofia.

Al cuore della riflessione wittgensteiniana troviamo infatti l’idea di una conversione, che si sostanzia in «un lavoro su sé stessi. Sulla propria concezione. Su come si vedono le cose. (E su che cosa si pretende da esse)».  Questo mutamento è stato non a caso definito una «rivoluzione dell’ordinario»,  che può essere estesa a ogni campo dell’esperienza umana. In particolare, nel momento in cui la rivolgiamo verso l’etica, il movimento che essa mette in moto sarà quello di un riallineamento dei nostri valori, tale per cui «il centro di gravità dell’etica si sposti da ciò che è “giusto” a ciò che è “importante”».

Questa visione dell’etica riposa sul più generale tentativo wittgensteiniano di resistere e dissolvere l’umano «desiderio di generalità» – cioè la brama per ciò che è ideale e universale –, che porta inevitabilmente con sé un correlato «atteggiamento di disprezzo per il caso particolare».  Ed è precisamente a questo atteggiamento e a questa tentazione che la poesia – un certo tipo di poesia – può porsi come rimedio, mostrandosi come modello esemplare di applicazione sia di un’etica che di un’estetica dell’ordinario.

Ciò su cui la poesia accende i riflettori, difatti, è proprio quel “caso particolare” che la nostra brama di universalità disprezza e pone continuamente in questione, facendocelo sorvolare come se questo non esistesse, o come se fosse un qualcosa di infimo, trascurabile, quando non addirittura deprecabile.

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