Munera 1/2024 – Costanza Vizzani » Dostoevskij e l’enigma salvifico della bellezza

La celebre frase «la bellezza salverà il mondo»  compare per la prima volta indirettamente in uno dei momenti più tetri de L’idiota. Ippolìt è un giovane ragazzo, malato terminale di tisi; egli di fronte a un ristretto pubblico di conoscenti si prepara a leggere un articolo, nel quale spiega le motivazioni che lo condurranno all’imminente suicidio, poi fallito. Prima di iniziare la lettura, così si rivolge al principe Myskin: «Signori, – si mise a gridare davanti a tutti, – il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza! E io affermo che ha idee così giocose perché è innamorato. Signori, il principe è innamorato; me ne sono convinto poco fa, appena è entrato. Non arrossite, principe, mi fareste pena. Quale bellezza salverà il mondo? […] Il principe lo osservò con attenzione, ma non rispose».  Il principe non può rispondere alla domanda. Per comprendere la natura di tale eloquente silenzio è necessario porre quest’ultimo all’interno del quadro riguardante la    natura del bene e del male in Dostoevskij: il male non è una realtà essenziale, esso ha «insussistenza ontologica», e deve necessariamente aggrapparsi al bene, unica realtà ontologica, per manifestarsi.  Questa dipendenza del male dal bene non impedisce che il “bene” per mostrarsi nella sua compiutezza abbia bisogno del dialettico rapporto con il male.  Il bene deve uscire vincitore per affermarsi in quanto tale. Di questa dialettica Dostoevskij sceglie di raccontare il momento in cui il male prende possesso del bene. Non ci racconta la redenzione, bensì il peccato.

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