Ordinazione femminile, sacramento e atto giuridico: parla il canonista (P. Consorti)


 

consorti

Il Prof. Consorti ha scritto un prezioso commento al mio post precedente, sull’incrocio tra teologia e diritto nella concezione di un possibile “diaconato femminile”. Riprendo il suo testo, che merita una attenzione maggiore di una “noticina” a fondo pagina. Credo che sia il segnale di una fecondità, che dobbiamo riconoscere ai “punti ciechi” che si trovano ai confini delle discipline. Se dialoghiamo, tra teologi e canonisti, vediamo non solo le cose diverse, ma cose diverse. Il suo è solo un commento: titolo e sottotitoli sono miei.

 

Questo contributo di Andrea Grillo (cfr. qui) produce molte riflessioni, che non è facile sistemare nello spazio di un post. Credo però che una suggestione giuridica possa aiutare ad approfondire la sostanza del tema, vale a dire la perdurante discriminazione di genere ‘in ordine all’ordine’.
In questo senso penso che il tema dovrebbe essere affrontato partendo dalla sostanza del ruolo attribuito nella Chiesa al ministro ordinato, che non può essere concepito tutto e solo nella logica sacramentale.

Ministro, sacramento e diritto

Il diacono, il prete e il vescovo non si distinguono dai fedeli comuni perché possono dispensare – gradualmente e progressivamente – più sacramenti. Questa idea clericale assorbe maschile e femminile in una logica gerarchica che facilmente mantiene in vita le distinzioni fra generi e ruoli che tipizzano ogni società.
Questa stessa idea è un po’ alla base della massimizzazione dell’eucarestia come apparente unica forma della presenza di Cristo-Dio in terra, che è un’idiozia: dato che Cristo-Dio in terra non si rifugia nel tabernacolo, ma parla attraverso le Scritture e si muove coi corpi dei fratelli e delle sorelle, specialmente dei poveri e delle povere. Solo che la sacramentalizzazione della sacralità devozionale non riconosce simile centralità alle varie presenze con cui Cristo si manifesta concretamente. Perciò adoriamo il SS.mo sacramento (dell’altare), ma non la SS.ma Parola di Dio o i SS.mi fratelli e sorelle. Col risultato di centralizzare tutta l’attenzione verso la sola eucarestia, che sarebbe invece una parte del tutto (perché ci sarebbe pure la proclamazione e l’ascolto della Parola e la richiesta e concessione del perdono, tanto per schematizzare un po’).
Peraltro, la vita della Chiesa non si esaurisce nella vita sacramentale, ma è molto di più.

Ordinazione: sacramento e atto giuridico

Tornando al punto dell’ordinazione, osservo che questa non è solo un sacramento, ma un atto giuridico col quale “alcuni fra i fedeli sono costituiti ministri sacri”, ossia “destinati a servire, ciascuno nel suo grado, con nuovo e peculiare titolo, il popolo di Dio”. Così recita il can. 1008 dopo la riforma del 2009 (Omnium in mentem). Questo canone è precedente (concettualmente e non solo sistematicamente) al canone 1024, che si muove nella logica della validità del sacramento escludendo le battezzate di sesso femminile, nonché al canone 1025, che si muove nella logica della liceità, ponendo ulteriori limitazioni. Muovere dalle eccezioni giuridiche anziché dalla base concettuale, è come guardare una partita di calcio concentrandoci sull’arbitro. Perciò, se vogliamo riprendere il discorso sull’ordine, dovremmo ripartire dal servizio e non dal sacramento. Siccome
il servizio al popolo di Dio non si esaurisce nelle funzioni proprie dei ministri sacri, può essere utile partire dal diritto canonico per aiutarci a rendere più esplicite le funzioni di servizio che caratterizzano gli ordinati rispetto a quelle assegnate a ciascun battezzato.

Chi fa cosa? Questa scelta appartiene alla comunità

E’ la Chiesa che determina le funzioni, non il contrario. Quindi, anche se non fosse mai successo finora che una battezzata abbia annunciato il Vangelo o soccorso un povero o presieduto un’assemblea o consolato un afflitto, nulla vieta che si possa cominciare a farlo. L’uomo e la donna sono padroni della legge; i battezzati e le battezzate del diritto canonico.
Il resto appartiene alla teologia, munus alienum mihi. Immagino però che anche la teologia sia al servizio del popolo di Dio; perciò siccome Ecclesia semper reformanda est, possiamo incamminarci e vedere se riusciamo a costruire il Regno di Dio anche quaggiù.
Se poi volessimo prendere esempio da Gesù, non credo che dovremmo indugiare sulle differenze, ma oltrepassarle. Non è facile, ma possiamo provarci.

 

Share