L’accesso delle donne ai servizi finanziari: uno strumento di emancipazione e uguaglianza.


L’utilizzo dei servizi finanziari da parte delle donne può sembrare cosa banale e scontata a noi occidentali, ma in molti paesi del mondo dove la libertà delle donne è soggetta a numerose restrizioni, esso costituisce un ostacolo sulla via della parità e dello sviluppo.

Il ricorso al credito, da un lato, e il deposito di somme di denaro più o meno consistenti con la certezza di poterle utilizzare in seguito, dall’altro, sono strumenti essenziali per consentire alle donne di partecipare alla vita economica del proprio paese e di contribuire quindi attivamente alla crescita e allo sviluppo.

Un recente rapporto della World Bank (Women, Business and the Law 2016: Getting to Equal, 2015) fornisce un aggiornamento sulle barriere legali che possono limitare di fatto l’accesso ai servizi finanziari da parte delle donne. Talvolta infatti la legge stessa, pur neutrale dal punto di vista del genere, può di fatto produrre effetti diversi fra uomini e donne, creando delle vere e proprie barriere per l’utilizzo dei servizi finanziari. Gli ostacoli più diffusi sono rappresentati dal riconoscimento della propria identità, dalla possibilità di muoversi e quindi di raggiungere una banca, nonché dalla possibilità di aprire un conto e di ottenere una valutazione di merito di credito.

Il rapporto è basato sui dati raccolti nel 2009 dalla World Bank, che pur non essendo molto aggiornati sono preziosi, per la complessità delle rilevazioni necessarie per la loro determinazione. Il rapporto esamina numerosi fattori quali l’accesso delle donne alle istituzioni, l’esercizio del diritto di proprietà, l’ottenimento di un lavoro e la disponibilità di incentivi al lavoro, la possibilità di ottenere credito dalle istituzioni finanziarie nonchè la possibilità di ottenere protezione legale e risarcimenti in caso di violenza.

In estrema sintesi, la parità di genere è ancora lontana: in ben 155 paesi su 173 si registra almeno una legge che differenzia fra i sessi, in modo tale da limitare di fatto le prospettive economiche delle donne.

Non mancano tuttavia segnali di miglioramento: negli ultimi anni in 65 paesi sono state attuate varie riforme che hanno aumentato le opportunità delle donne, in gran parte nei paesi emergenti. Tali progressi non sono stati uniformi fra le varie aree geografiche e il Sud Asia rimane l’area dove il gap fra i sessi resta più ampio.

Il risultato più positivo è dato dal fatto che le barriere legali che limitano direttamente l’accesso delle donne ai servizi finanziari sono rare. Solo in due paesi nel mondo attualmente le donne non possono aprire un conto senza il consenso del marito, il Niger ed il Congo. I dati documentano però l’esistenza di un gap di genere specie nella proprietà dei conti e nell’uso dei servizi finanziari, e suggeriscono tre principali ragioni che possono spiegare l’attuale disparità di genere.

Innanzitutto, le donne incontrano maggiori difficoltà degli uomini nell’ottenere il riconoscimento della propria identità. Le donne sposate devono fornire una documentazione aggiuntiva per ottenere la carta d’identità – a cui gli uomini sposati non sono tenuti – in 10 paesi: Afghanistan, Algeria, Benin, Cameroon, Egitto, Mauritius, Oman, Pakistan, Arabia Saudita e Senegal. Inoltre in 32 paesi per le donne è più complicato rispetto agli uomini ottenere il passaporto. Ciò è importante poiché nei paesi dove le donne incontrano maggiori difficoltà nell’ottenere la carta d’identità e/o il passaporto, è più complesso per loro nello stesso tempo accedere alle banche, essere cioè identificate ed ottenere credito, nel rispetto delle procedure attuate dalle banche per un adeguato controllo dei rischi e della normativa di vigilanza che deve tutelare la stabilità del sistema bancario.

Per le donne inoltre può essere difficile raggiungere fisicamente le banche, specie se sono lontane, in altre città. In 17 paesi le donne sposate possono subire restrizioni  nel viaggiare o anche solo nel lasciare la casa. Un importante strumento per raggiungere le donne non bancarizzate è dato dagli strumenti digitali. Dove le donne non sono in grado di raggiungere una filiale bancaria, è evidente che il cellulare può rappresentare uno strumento molto utile (sull’importanza della tecnologia nell’inclusione finanziaria, si veda il blog dello scorso aprile).

Un altro fattore che può rendere difficile il ricorso al credito da parte delle donne è la difficoltà a creare una storia finanziaria personale, un track record, che le banche costituiscono normalmente per ogni cliente. Si tratta di uno strumento che può facilitare l’ottenimento di un prestito, specie dove non vi sono istituzioni di microfinanza o mobile network providers. Chi rimborsa regolarmente i propri debiti (prestiti, bollette…) ottiene infatti più rapidamente credito dalle banche, ma nei paesi dove manca un sistema di registrazione di pagamenti e rimborsi, soprattutto se di entità limitata, le donne possono risultare sfavorite, anche se sono la parte prevalente della clientela ed effettuano numerose operazioni ancorché di ammontare molto limitato. Secondo i dati della World Bank, 30 paesi su 173 hanno istituzioni creditizie che non effettuano operazioni di importo minimo e non operano quindi con più del 5% della popolazione, mentre altri 14 paesi hanno un limite minimo al credito superiore all’1% del reddito personale. Va segnalato che anche in questo ambito sono state fatte varie riforme in Bielorussia, Mongolia, Emirati Arabi Uniti, West Bank, Gaza e Zambia; paesi che hanno fatto molti passi nella raccolta delle informazioni anche nei crediti di entità minima o nei pagamenti effettuati dalle compagnie che erogano servizi pubblici quali la luce o l’acqua.

La World Bank individua 943 riforme, necessarie per il superamento delle diversità fra uomo e donna. Peraltro anche se la legge stabilisce l’uguaglianza da un punto di vista formale, fattori culturali, sociali e religiosi possono poi di fatto rappresentare barriere insormontabili per le donne, specie se povere.

È fondamentale capire le cause dell’esclusione finanziaria delle donne per poter intervenire in modo più adeguato e favorire una loro più attiva partecipazione alla vita economica, sostenendo quindi il miglioramento delle loro condizioni di vita e delle famiglie a cui appartengono. Eliminare ogni ostacolo in questo ambito forse può contribuire a portare un maggior equilibrio e serenità nelle famiglie, ed a smorzare eventuali tensioni personali e sociali.

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