Munera 3/2022 – Pierluigi Consorti >> Il processo sinodale e la divisione dei poteri

Il Codice di Diritto Canonico (da ora in avanti abbreviato CIC = Codex Iuris Canonici) non conosce un «processo sinodale», ma solo due «istituzioni sinodali»: il Sinodo dei Vescovi (cann. 342-348) e il Sinodo diocesano (cann. 460-468). Sono entrambe «istituzioni» in quanto esprimono un metodo di governo, essenzialmente collegato all’esercizio del potere.

Il Sinodo dei Vescovi è sistematicamente collocato nella parte II del Libro II del CIC, dedicata alla costituzione gerarchica della Chiesa, precisamente nella sezione che tratta della «suprema autorità della Chiesa». Si trova subito dopo il capitolo rivolto al «Romano Pontefice e al Collegio dei Vescovi». In questo senso, il «Sinodo dei Vescovi» si presenta come un’istituzione parallela al Collegio episcopale: una sorta di fratello minore, con compiti ben distinti da questo, e con una funzione a servizio della «collegialità personale» espressa dal Romano Pontefice. Da questo punto di vista, sinodalità (episcopale) e collegialità (episcopale) costituiscono due coppie – quasi opposte – di un unico riferimento alla medesima potestà episcopale, che giuridicamente viene concepita quale esercizio della potestà di governo connessa al munus episcopalis.

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