Un altro paradigma: la vera questione dietro la querelle sull’Istituto GP2


quadroandria

Al di sotto e al di qua delle polemiche che hanno investito nelle ultime settimane l’Istituto Giovannni Paolo II (= IGP2), credo si possa riconoscere distintamente in esse la traccia di una evoluzione del rapporto tra Chiesa e mondo che trova nel Vaticano II e nella ripresa di esso da parte di Papa Francesco la sua origine.
Matrimonio e famiglia rappresentano, in modo esemplare, quello spicchio di mondo su cui già GS aveva cominciato a elaborare un paradigma diverso di mediazione tra fede e cultura. Cerco ora di comprendere in sintesi che cosa sta capitando in questo passaggio delicato.

1. La mediazione tridentina e quella antiliberale

Con un fenomeno storico non prevedibile, il sacramento del matrimonio è diventato a partire dalla seconda metà del 500, il terreno di una relazione positiva con la cultura, che ha assunto progressivamente un profilo accentuatamente istituzionale. Il decreto “Tametsi”, stabilendo la “forma canonica” come criterio di validità del matrimonio, di fatto inaugurava, per tutta la cultura europea, una legislazione matrimoniale, che assumeva profilo strutturale. Nello sviluppo dei secoli successivi, questo orientamento si è largamente accentuato nello scontro aperto tra cultura civile e cultura ecclesiale. E il matrimonio e la famiglia sono diventati i simboli di una “resistenza”, che è stata gestita a diversi livelli, ma che soprattutto sul piano istituzionale, a partire dalla metà del XIX secolo, si è strutturata guridicamente, fino a diventare nel 1917 “codificazione canonica”. Questo ha segnato la storia della Chiesa cattolica fino al Concilio Vaticano II, che ha iniziato a modificare l’approccio, recuperando il terreno previo e ulteriore rispetto alla dottrina e alla disciplina.

2. IGP2: come se il Concilio non ci fosse stato

In questo quadro, a quasi vent’anni dal Concilio Vaticano II, la fondazione del IGP2 ha rappresentato un movimento di “resistenza istituzionale”, in cui ogni approfondimento antropologico, teologico, ecclesiologico, era subordinato ad una conferma della tradizione recente: si è cercato di onorare tale tradizione mediante una operazione di moralizzazione e di giuridicizzazione della stessa. In modo particolare il lavoro di Carlo Caffarra ha portato alle estreme conseguenze questo tentativo di “rigorizzazione concettuale” del modello ottocentesco, con una forte tendenza alla astrazione e alla concentrazione in pochi principi, nei quali sapere dogmatico e sapere cononico si sovrappongono fino quasi ad identificarsi. Vale la pena soffermarsi un poco su questo passaggio.

3. Due principi-chiave

Mi sembra che si possa concentrare tutto il lavoro di strutturazione della “dottrina sul matrimonio” operato dal IGP2 in due principi generali ed astratti, che suonano così:

a) L’esercizio della sessualità è legittimo soltanto all’interno del matrimonio

b) Il matrimonio tra due battezzati è ipso facto sacramento

Questi due principi, che provengono dalla tradizione degli ultimi secoli, sono formulazioni che risentono di un rapporto conflittuale con l’ambiente moderno, nel quale nasce un rapporto nuovo con il “sesso” (che prende il nome di sessualità) e una possibilità di “legge civile” sul matrimonio, diversa da quella ecclesiale. Questo duplice fenomeno viene di fatto bloccato mediante un duplice principio generale, che mira a “bloccare il sistema”. Se la sessualità può essere esercitata solo all’interno del matrimonio e ogni matrimonio tra battezzati è sacramento, allora chi ha competenza sul sacramento ha autorità e competenza a discernere sulla materia, e nessun altro.

4. Il procedimento della società chiusa e la sua differenza dal vangelo

Non è difficile notare come questo modello di pensiero scaturisca da una visione estremamente angusta della tradizione. La quale ha sempre saputo che la realtà matrimoniale e familiare non si lascia ridurre a idee chiare e distinte. E che le logiche della natura, della città e della Cbiesa non sono in armonia a priori. La strategia della “società chiusa” era chiara: la società controllava la natura, e la Chiesa guidava la società. Era molto facile, nella società chiusa, che la Chiesa condividesse in modo assai largo l’immaginario sociale: che la Chiesa calvinista avesse nell’aula del culto delle panche “riservate alle meretrici” (ragazze madri) e che la Chiesa cattolica approvasse la maledizione delle ragazze madri dal contesto sociale. D’altra parte il principio della legittimità dell’esercizio della sessualità solo nel matrimonio è valso, per secoli, solo per le donne, ma non per gli uomini. L’uomo era iniziato “prematrimonialmente” alla sessualità. La possibilità di dire con verità il principio ecclesiale dipende dunque oggi dalla emancipazione femminile, che pure era combattuta frontalmente. Resta il fatto che l’approfondimento promosso dall’IGP2 è avvenuto all’interno di un quadro di “rapporto tra Chiesa e mondo” profondamente condizionato da scelte datate, contingenti e che apparivano, già negli anni 80, profondamente clericali. Anche il modello di operatori di pastorale familiare che l’IGP2 progettava in quegli anni manifestava i limiti di una profonda clericalizzazione del laicato.

5. La differenza di paradigma di Amoris Laetitia

Fino a Familiaris Corsortio – che costituì di fatto la “magna carta” del IGP2 – questa impostazione resta indiscussa: è come se non si potesse uscire dal “modello ottocentesco”, apologetico e canonico, di comprensione del matrimonio e della famiglia. Il duplice Sinodo e la Esortazione Apostolica hanno cambiato il quadro soprattutto per 3 motivi:

a) Hanno introdotto una nozione di magistero non anzitutto universale e astratto, ma concreto, nel quale sono coinvolti soggetti diversi da papa, dal Sinodo e dai Vescovi;

b) Ha aperto il matrimonio e la famiglia a una lettura “escatologica” e “processuale”

c) Ha ridimensionato le attese sulla “immediatezza” di unione e generazione dal punto di vista giuridico, lavorando piuttosto sulla evidenza storica e di compimento del sacramento cristiano.

Questo cambia l’approccio alla materia, impedisce di “dedurre da una antropologia cristiana” tutti i contenuti dottrinali, ma partecipa del travaglio antropologico, attestato dalla stessa Scrittura, con cui emerge gradualmente una evidenza nuova e potente. Alla cui luce i principi enunciati non sono affatto falsi, ma non sono tutta la verità.  E dicono la verità in modo distorto, senza considerare i processi che la rendono evidente.

6. Concretezza anziché astrazione, processualita anziché immediatezza

La domanda è: come Dio guida e illumina la storia di amore e di generazione delle coppie di battezzati? La scelta tridentina, moderatamente, e ottocentesca, duramente, è stata quella istituzionale ed oggettiva. Il suo culmine è stato il progetto del Codice. Ancora Familiaris Consortio resta in quel progetto, pur manifestandone tutte le crepe. La autorità di Dio si identifica con una Chiesa avente la competenza esclusiva su unione e generazione. La erosione di questo modello è accaduta lungo tutto il 900. La predisposizione di un modello nuovo non avviene con il Concilio né con FC: solo AL ci dà le linee fondamentali di un modello diverso in cui la concretezza del discernimento soppianta in larga parte l’dea della legge generale e astratta; la processualità graduale supera l’idea della immediatezza contrattuale; la considerazione della libertà dei soggetti soppianta la loro riduzione impietosa alla logica della comunità. Tutto questo ha bisogno di un modello diverso di legge canonica e di pensiero teologico. AL ce ne dà un esempio non completo, ma convincente.

7. Il lavoro che ci aspetta

In questo spazio di novità lo studio della tradizione non può restare vincolato ai modelli superati di mediazione. La pretesa, espressa in più casi da diversi professori del IGP2 di avere in FC il modello insuperabile, che pretenderebbe di essere criterio di lettura (falsa) anche per AL, rappresenta la resistenza di una retroguardia rispetto al cammino ecclesiale. Il quale cammino sperimenta nella teologia del matrimonio ciò che riguarda, in realtà, l’intero sapere ecclesiale. La teologia cattolica deve diventare veramente cattolica. Non deve fermarsi alle versioni del cattolicesimo che Trento o il Vaticano I o il Codex del 1917 hanno saputo esprimere. Che il sesso sia diventato sessualità, che non possa essere semplicemente esercitato, ma che diventi parte integrante della identità dei soggetti in relazione. Che le forme della unione tra uomo e donna possano essere riconosciute e benedette anche al variare delle forme istituzionali che le riconoscono,  sono tutti fenomeni che esigono categorie nuove, procedimenti di pensiero più elastici, disponibilità a vedere cose vecchie in modo nuovo e cose nuove in modo inatteso.
La “crisi” del IGP2 è crisi di crescita. E’ possibile che qualcuno ci resti male. Che qualcuno pensi che i figli sono belli finché sono piccoli e controllabili. Ma l’IGP2 è cresciuto e non sopporta padri padroni. E’ la logica di ogni famiglia. E i padri delusi possono sempre trovare un nonno che li consoli. Ma la storia non si ferma. E le famiglie più sante devono ancora nascere.

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