“Ma che sei scemo?”. Matteo Zuppi e i nostalgici di Summorum Pontificum


ZuppiSP

Mi è molto piaciuta, alcuni mesi fa, l’intervista concessa dal cardinale Matteo Zuppi, poco dopo la nomina a Presidente della CEI, nella quale, con il suo stile romanesco, diceva che, a coloro che patiscono la insistenza di papa Francesco sulla misericordia, dicendo che questa centralità del tema è un grave errore, bisognerebbe dire, d’istinto, alla romana, “Ma che sei scemo?” Ebbene questa è stata la mia stessa reazione quando una amica mi ha detto ieri: “Hai visto che Zuppi ha presieduto il vespro dei nostalgici di Summorum Pontificum?” Ed io: “Ma che sei scema?”

Il mio stupore deriva da alcuni fattori, che il card. Zuppi non poteva non considerare nella sua disponibilità a presiedere il vespro di questa associazione di fatto “fuori legge” e che pretende di alimentare una situazione che il MP Traditionis Custodes ha di fatto superato con la abrogazione dell'”oggetto” della memoria. Ma cerco di chiarire meglio la questione:

a) Sembra che il card. Zuppi abbia voluto smorzare la sorpresa dicendo di aver accettato l’invito ben prima di diventare presidente CEI, ma non so se prima della pubblicazione di Traditionis Custodes. Certo è che stare alla presidenza di una azione liturgica che TC censura e rende possibile solo in casi limitati e circostanziati, costituisce un fatto di singolare gravità.

b) In secondo luogo la denominazione del “pellegrinaggio romano” del cosiddetto “Popolo di Summorum Pontificum”, nella condizione di abrogazione del documento che dà il nome al gruppo stesso, avrebbe dovuto rendere prudenti, almeno in seconda battuta, rispetto alla accettazione immediatamente prestata.

c) Il terzo luogo, la funzione di “rappresentanza” del Presidente CEI non può non suonare stridente rispetto alla ripetuta affermazione (in Traditionis Custodes e poi anche in Desiderio Desideravi) per cui l’unica lex orandi, anche per la celebrazione dei vespri, è quella stabilita dai libri liturgici di Paolo VI e di Giovanni Paolo II e non dai libri precedenti.

Alla radice dell’equivoco comportamento sta tuttavia una questione originaria che segna il MP Summorum Pontificum: ossia il fatto di essere il frutto di una “malattia curiale”, che ha in Roma il suo centro. La nostalgia delle forme liturgiche preconciliari (ma anche della Chiesa e delle relazioni e dei linguaggi e delle dottrine e delle discipline e delle forme preconciliari) è una malattia non anzitutto della periferia, ma del centro romano della curia. Nella misura in cui diventi “uomo di curia” inizi a sentire le sirene di una “strana misericordia”, che riesce a convincerti di poter stare, per misericordia, con un piede nel concilio e con l’altro nel pre- e nell’anti-concilio. E questa illusione può contagiare anche i migliori, nella misura in cui si lasciano ridurre a funzionari di una “misericordia” della confusione e della reazione. Desiderio Desideravi lo dice bene: non è il “senso del mistero” ciò di cui abbiamo bisogno, ma è lo stupore per il mistero pasquale che alimenta la identità e la formazione alla fede celebrata. Nel percepire con nettezza questa differenza sta la possibilità di accettare o di rifiutare l’invito a presiedere un vespro che mette in campo un ordo rituale sul quale si proiettano simbolicamente tutte le resistenze al Vaticano II, quelle liturgiche come quelle ecclesiali, quelle disciplinari come quelle dottrinali. Se un uomo del valore di Matteo Zuppi cade in questa trappola simbolica mi sorprendo e mi chiedo: ma come si fa ad accettare la richiesta di un gruppo che si intitola e organizza pellegrinaggi con riferimenti esplicito ad un documento abrogato nel 2021? Come ha fatto un cardinale Presidente di una Conferenza Episcopale a non aver tenuto conto di questo pesante sequestro simbolico e ideologico?

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