Identikit della VI Istruzione (/11): IL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA LETTERALE E I SUOI LIMITI


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Come abbiamo visto nell’ultima puntata della nostra rubrica, una questione di fondo, per valutare LA, consiste nella sua pretesa di poter “tradurre senza interpretare”. Solo in questa prospettiva è possibile configurare una “corrispondenza” tra testo di partenza e testo di arrivo che possa sognare di “fare a meno” della interpretazione, rimandandola semplicemente ad un momento successivo. Come se noi potessimo “tradurre Omero” senza comprenderlo, per poi dedicarci, nel testo di arrivo, ad un lavoro di successiva interpretazione. D’altra parte la stessa “corrrispondenza letterale” sa bene di doversi guardare dal “semplicistico letteralismo”, che perviene, quasi sempre, ad un esito disastroso. Tradurre “parola per parola” – come fa il traduttore automatico di Google, ad es. – assicura quasi sempre un disastro comunicativo. Si possono certo tradurre in questo modo “messaggi di emergenza”, ma non appena il linguaggio entra in una dimensione metaforica e simbolica, per quanto essa sia piccola e marginale, ogni sforzo di traduzione letterale è vano. Perciò, potremmo dire che proprio il linguaggio rituale – sicuramente il più esposto alla metaforicità e alla simbolicità delle lingue – dovrebbe guardarsi in modo particolare dalla pretesa di assolutezza della corrispondenza letterale e trovare un sano equilibrio tra la corrispondenza delle parole e la corrispondenza delle strutture: perché alle corrispondenze statiche possano preferirsi, in molti casi, le corrispondenze dinamiche.

Anche in questo caso Francesco Pieri ci accompagna in una utile meditazione su queste problematiche, al fine di uscire dall’impasse in cui ci ha precipitati la unilateralità troppo drastica di Liturgiam Authenticam, che mostra così tutto il suo bisogno di essere superata.

 1) Liturgiam authenticam come discontinuità metodologica

 “Ritenendo che uneccessiva libertà nella resa dei testi liturgici in lingua moderna abbia spesso comportato un impoverimento del contenuto, Liturgiam authenticam[è venuta] a richiedere dalle conferenze episcopali di aderire quanto più possibile, nelle future edizioni dei libri rituali, al testo tipico conformemente a quello che è stato denominato principio di corrispondenza letterale”. […] A distanza di alcuni anni Benedetto XVI ha argomentato la sua decisa opzione per la traduzione letterale del pro multis[nella formula eucaristica] rifacendosi in modo esplicito al principio di corrispondenza letterale. «Fino ad un certo punto, il principio di una traduzione contenutistica e non necessariamente letterale del testo di base rimane giustificato. () Nel corso degli anni, anche a me personalmente, è diventato sempre più chiaro che il principio della corrispondenza non letterale, ma strutturale, come linea guida nella traduzione, ha i suoi limiti. Seguendo considerazioni di questo genere, listruzione sulle traduzioni Liturgiam authenticam (…) ha posto di nuovo in primo piano il principio della corrispondenza letterale, senza ovviamente prescrivere un verbalismo unilaterale» [14.4.2012 In Ihrem Besuch, 4] “. [F. Pieri, Sangue versato per chi? Il dibattito sul pro multis, Giornale di Teologia 369, Queriniana, Brescia 2014, pp. 46.49]

 2) Un principio intrinsecamente non ben definito

 “Si rimane nel dubbio riguardo a che cosa contraddistingua la corrispondenza letterale” – che costituirebbe il giusto criterio da adottare per la traduzione della liturgia e persino della Scrittura rispetto al verbalismo unilateraleindicato come leccesso dal quale prendere le distanze. Dove termina la corrispondenza letteralee inizia invece la sua forzatura? Ma se il verbalismorappresenta la patologia cui la corrispondenza letterale” può essere esposta, quale è la soglia critica che segna la fine dello stato di salute e linizio della febbre? A che cosa corrisponde la certa misuradella traduzione non necessariamente letteraleche viene definita ancora giustificatae quindi accettabile? Il rischio facilmente intuibile è che, in mancanza di qualsiasi scala di misurazione obiettiva, lunico criterio della accettabilità della traduzione finisca per identificarsi con il giudizio insindacabile, e nondimeno fatalmente soggettivo, dellautorità . [F. Pieri, Sangue versato per chi? p. 51]

 3) Una norma da applicare con prudenza

La traduzione non è un sistema di equivalenze rigide e prestabilite tra lingue differenti, le cui possibilità espressive non sono mai identiche, bensì unoperazione complessa e soggetta per sua natura ad un margine di approssimazione non del tutto eliminabile. […]

Pare impossibile, in tema di traduzioni, stabilire un criterio diverso dalla raccomandazione alla prudenza. [Come ha scritto autorevolmente il liturgista C. Giraudo:] «Meno ci discostiamo dallo stile semitico, ogni volta che esiste una ragionevole possibilità, più siamo in grado di cogliere il linguaggio dell’uno e dell’altro Testamento».

I margini di miglioramento [possibile nelle traduzioni liturgiche redatte dopo il Concilio] non sono tuttavia tali da giustificare una revisione radicale dei criteri stessi della traduzione: è del tutto sufficiente richiamarsi al buon senso, per analogia con quanto normalmente avviene per le versioni dei testi biblici. […]

Le due attenzioni simultanee raccomandate anche da Liturgiam authenticam – alle esigenze delle lingue moderne e allimpronta stilistica del linguaggio biblico potranno sempre trovarsi in reciproca tensione, imponendo al traduttore scelte e rinunce. [Così come] nessuna traduzione potrà mettersi al riparo una volta per tutte quegli stessi rischi (di fraintendimento, di strumentalizzazione) che la Parola ha voluto correre facendosi parola umana: ogni traduttore è fatalmente esposto al farsi, suo malgrado, traditore”. [F. Pieri, Sangue versato per chi? pp. 29.49.53]

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