Felicità, povertà e preghiera secondo papa Francesco
La felicità, i poveri, la preghiera di papa Francesco. Alcuni passi del colloquio con i giovani fiamminghi
I telegiornali hanno riportato soltanto la frase sul “papa comunista”, ovviamente. Nel resto della intervista il papa risponde a domande sulla felicità, sui poveri e sulla preghiera. Le risposte sono belle, inattese e molto dirette. Ne esce un ritratto molto personale, con la consueta originalità e libertà di spirito.
Un ragazzo Ognuno, in questo mondo, cerca di essere felice. Ma noi ci siamo chiesti: lei è felice? e perché?
Assolutamente, assolutamente, sono felice. E sono felice perché… non so perché… forse perché ho un lavoro, non sono un disoccupato, ho un lavoro, un lavoro da pastore! Sono felice perché ho trovato la mia strada nella vita e fare questa strada mi fa felice. Ed è anche una felicità tranquilla, perché a questa età non è la stessa felicità di un giovane, c’è una differenza. Una certa pace interiore, una pace grande, una felicità che viene anche con l’età. E anche con un cammino che ha avuto sempre problemi; anche adesso ci sono i problemi, ma questa felicità non va via con i problemi, no: vede i problemi, li soffre e poi va avanti; fa qualcosa per risolverli e va avanti. Ma nel profondo del cuore c’è questa pace e questa felicità. È una grazia di Dio, per me, davvero. È una grazia. Non è merito proprio.
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Un ragazzo In molti modi lei ci manifesta il suo grande amore per i poveri e per le persone ferite. Perché questo è così importante per lei?
Perché questo è il cuore del Vangelo. Io sono credente, credo in Dio, credo in Gesù Cristo e nel suo Vangelo, e il cuore del Vangelo è l’annuncio ai poveri. Quando tu leggi le Beatitudini, per esempio, o tu leggi Matteo 25, tu vedi lì come Gesù è chiaro, in questo. Il cuore del Vangelo è questo. E Gesù dice di se stesso: «Sono venuto ad annunciare ai poveri la liberazione, la salute, la grazia di Dio…». Ai poveri. Quelli che hanno bisogno di salvezza, che hanno bisogno di essere accolti nella società. Poi, se tu leggi il Vangelo, vedi che Gesù aveva una certa preferenza per gli emarginati: i lebbrosi, le vedove, i bambini orfani, i ciechi… le persone emarginate. E anche i grandi peccatori… e questa è la mia consolazione! Sì, perché lui non si spaventa neppure del peccato! Quando trovò una persona come Zaccheo, che era un ladro, o come Matteo, che era un traditore della patria per i soldi, lui non si è spaventato! Li ha guardati e li ha scelti. Anche questa è una povertà: la povertà del peccato. Per me, il cuore del Vangelo è dei poveri. Ho sentito, due mesi fa, che una persona ha detto, per questo parlare dei poveri, per questa preferenza: «Questo Papa è comunista». No! Questa è una bandiera del Vangelo, non del comunismo: del Vangelo! Ma la povertà senza ideologia, la povertà… E per questo io credo che i poveri sono al centro dell’annuncio di Gesù. Basta leggerlo. Il problema è che poi questo atteggiamento verso i poveri alcune volte, nella storia, è stato ideologizzato. No, non è così: l’ideologia è un’altra cosa. È così nel Vangelo, è semplice, molto semplice. Anche nell’Antico Testamento si vede questo. E per questo io li metto al centro, sempre.
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Una ragazza Io vedo Dio negli altri. Lei dove vede Dio?
Io cerco — cerco! — di incontrarlo in tutte le circostanze della vita. Cerco… Lo trovo nella lettura della Bibbia, lo trovo nella celebrazione dei Sacramenti, nella preghiera e anche nel mio lavoro cerco di trovarlo, nelle persone, nelle diverse persone… Soprattutto lo trovo nei malati: i malati mi fanno bene, perché io mi domando, quando sto con un malato, perché questo sì e io no? E con i carcerati lo trovo: perché questo carcerato e io no? E parlo con Dio: «Fai sempre un’ingiustizia: perché a questo e a me no?». E io trovo Dio in questo, ma sempre nel dialogo. A me fa bene cercare di trovarlo durante tutta la giornata. Non riesco a farlo, ma cerco di fare questo, di essere in dialogo. Io non riesco a farlo proprio così: i santi lo facevano bene, io ancora no… Ma questa è la strada.
Una ragazza Siccome io non credo in Dio, non riesco a comprendere come lei preghi o perché lei preghi. Mi può spiegare come prega lei, nella sua veste di Pontefice, e perché prega? Il più concretamente possibile…
Come prego… Tante volte prendo la Bibbia, leggo un po’, poi la lascio e mi lascio guardare dal Signore: quella è l’idea più comune della mia preghiera. Mi lascio guardare da lui. E io sento — ma non è sentimentalismo — sento profondamente le cose che il Signore mi dice. Alcune volte non parla… niente, vuoto, vuoto, vuoto… ma pazientemente sto lì, e così prego… Sono seduto, prego seduto, perché mi fa male inginocchiarmi, e alcune volte mi addormento nella preghiera… È anche una maniera di pregare, come un figlio con il Padre, e questo è importante: mi sento figlio con il Padre. E perché prego? “Perché” come causa o per quali persone prego?
Tutti e due …
Prego, perché ho bisogno. Questo lo sento, che mi spinge, come se Dio mi chiamasse per parlare. La prima cosa. E prego per le persone, quando io trovo persone che mi colpiscono perché sono malate o hanno problemi, o ci sono problemi che… per esempio la guerra… Oggi sono stato con il nunzio in Siria, e mi ha fatto vedere le fotografie… e sono sicuro che oggi pomeriggio pregherò per questo, per quella gente… Mi hanno fatto vedere fotografie di morti di fame, le ossa erano così… in questo tempo — io questo non capisco — quando abbiamo il necessario per dare da mangiare a tutto il mondo, che ci sia gente che muore di fame, per me è terribile! E questo mi fa pregare, proprio per questa gente.
Dall’”Osservatore Romano” del 5 aprile 2014:
http://www.osservatoreromano.va/it/news/titolo-intervista#.U0Oa_ah_vAA





























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