“Canta e cammina”: amicizia e teologia. Tre anni dopo il saluto a Giampiero Bof


imagobof

(30.11.2017 – 30.11.2020)

Vorrei parlare della amicizia in teologia. Non semplicemente della amicizia tra i teologi o dei teologi amici, ma della importanza, nel campo dello studio teologico, di una amicizia coltivata e curata, in nome dell’oggetto stesso della ricerca e del servizio che la teologia deve prestare proprio a tale oggetto. E vorrei partire dalle ultime parole con cui Severino Dianich, tre anni fa, salutava a Cogoleto, nella messa di commiato, la vita giunta a pienezza del suo amico Giampiero Bof. Citava un testo potente di Agostino, che è una meditazione sull’Allelujia, fatta proprio “sub specie amicitiae”. Ecco le parole che risuonarono allora sulla bocca dell’amico, in una Chiesa piena di amici:

” Là nessuno ci sarà nemico, là non perderemo mai nessun amico. Ivi risuoneranno le lodi di Dio. Certo risuonano anche ora qui. Qui però nell’ansia, mentre lassù nella tranquillità. Qui cantiamo da morituri, lassù da immortali. Qui nella speranza, lassù nella realtà. Qui da esuli e pellegrini, lassù nella patria. Cantiamo pure ora, non tanto per goderci il riposo, quanto per sollevarci dalla fatica. Cantiamo da viandanti. Canta, ma cammina. Canta per alleviare le asprezze della marcia, ma cantando non indulgere alla pigrizia. Canta e cammina. Che significa camminare? Andare avanti nel bene, progredire nella santità… Se progredisci è segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi avanzare nella retta fede, devi progredire nella santità. Canta e cammina.”

Le parole di Agostino ci consentono di fare memoria di un amico e di pensare la sua amicizia, anche oggi, come una condizione decisiva per fare teologia. Teologia, in fondo, non è altro che preparare le condizioni, storiche e vitali, per pregustare un mondo in cui “nessuno ci sarà nemico, e non perderemo mai nessun amico”. In un mondo in cui non mancano i nemici e in cui si perdono grandi amici, questa è una parola forte, dolce e insieme dura, consolante ed anche assai esigente. Nella immagine di Agostino, è il darsi, insieme, di canto e cammino. Possiamo già cantare ma abbiamo ancora da camminare. Non possiamo solo cantare, ma non possiamo nemmeno solo camminare. Nel canto siamo tutti amici, nel cammino abbiamo ancora nemici. Nel cammino perdiamo gli amici, ma nel canto non abbiamo più nemici.

L’amico Giampiero contempla la luce del volto di Dio e canta nella gloria. Non deve più camminare. Ha camminato per le vie della fede, della chiesa, della teologia, della musica. Ha camminato per le strade della amicizia. Ha cercato l’Amico tanto atteso, tanto studiato, tanto pregato, tanto cantato. E lo ha trovato nelle cose grandi e nelle cose piccole, nella musica e nell’arte, nei romanzi e nei salmi, nella cucina e nella boxe, nella lingua tedesca o nel latino o nel ligure stretto di sua madre. E’ stato amico e ha conosciuto anche la inimicizia. Ha avuto amici e ha avuto nemici. Ma ha affrontato la amicizia con slancio, con forza, con dedizione, con preghiera, con pazienza e ha sofferto la inimicizia, che lo amareggiava e lo feriva. “Là nessuno ci sarà nemico, là non perderemo mai nessun amico”. Giampiero gode ora di questo recupero pieno di tutte le amicizie che la vita sembra rapire, insieme alla piena reintegrazione di tutte le inimicizie che la vita sembra imporre e sigillare. Tramonta la inimicizia e permane solo la amicizia. Di questo, con il suo tono inconfondibile, e con la forza del suo animo, Giampiero ci ha sempre parlato. Forse non ci ha parlato d’altro. E continua a farlo, in modo nuovo, in tutti gli amici che troviamo e in tutte le inimicizie che superiamo. Perché sappiamo cantare le amicizie che ci sollevano e camminare oltre le inimicizie che ci atterrano. Possiamo farlo con lui, grazie al suo tono e dietro al suo passo.

 

 

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