Una giustizia più grande


VI Domenica del Tempo ordinario – A

Sir 15,16-21   Sal 118   1Cor 2,6-10   Mt 5,17-37

 

Introduzione

Dopo aver annunciato il Regno di Dio nelle beatitudini, Gesù ora compie un altro passo decisivo del suo ministero: l’interpretazione della Scrittura. È un passaggio fondamentale: nel Vangelo di Matteo uno dei tratti decisivi del ministero di Gesù consiste nell’interpretare la Scrittura, la Torah e i profeti. I suoi discepoli non dovrebbero mai dimenticare questo aspetto: il Maestro che essi seguono è stato innanzitutto un interprete della Torah, della Parola di Dio. Essere suoi discepoli oggi, significa continuare questo ministero nell’interpretazione della Parola. La prima lettura (Sir 15,16-21) crea lo sfondo su cui leggere il Vangelo, mentre la seconda (1Cor 2,6-10) indica la ricaduta nella vita dei suoi discepoli delle parole di Gesù. Il Siracide afferma: «se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno». Il Siracide ci invita a comprendere la Legge, non in una prospettiva legalista e moralista, bensì come indicazione di vita. Non si parla di una obbedienza fine a se stessa: non siamo noi a custodire la Torah, ma è la Tora del Signore a custodire la nostra vita. Il credente che custodisce la torà assume nella propria vita quella logica differente che Paolo chiama «sapienza di Dio».

Commento

Il brano del Vangelo riporta dei principi di fondo della lettura della Torah per Gesù (vv. 17-20) e poi delle esemplificazioni concrete di applicazione di questi principi, quelle che noi chiamiamo generalmente e erroneamente «antitesi» (vv. 21-37).

Nei principi generali troviamo le affermazioni più importanti, che poi ci permettono di leggere e comprendere le esemplificazioni nel modo corretto. Innanzitutto, Gesù afferma chiaramente e inequivocabilmente che egli non è venuto a distruggere n la Torah (Legge), né i profeti, cioè le Scritture ebraiche. Anzi Gesù afferma che i suoi discepoli non sono chiamati a trasgredire i recetti e ad insegnare a fare altrettanto, bensì ad osservarli e ad insegnarli. Il discepolo di Gesù è quindi chiamato a far conoscere la Torah e i precetti del Signore. È questo il servizio dei discepoli di Gesù per l’umanità: far conoscere a tutti la Torah, quell’indicazione di vita di Dio che è capace di custodire la vita. Saranno considerato grandi nel Regno di Dio solo coloro che osserveranno e insegneranno la Torah. È un tratto molto bello del Vangelo di oggi: la missione dei suoi discepoli è quella di far conoscere al mondo la Parola di Dio, le Sacre scritture.

In secondo luogo, Gesù enuncia un suo criterio interpretativo della Torah: la giustizia più grande (v. 20). I discepoli di Gesù interpreteranno la Parola di Dio come il loro maestro attraverso il principio della giustizia più grande. E dopo possiamo trovare questa giustizia più grande? A che cosa si riferisce? Gesù la contrappone a quella dei farisei e degli scribi, non perché essi fosse «malvagi» o avessero una interpretazione errata della Torah, ma perché rappresentano le persone più religiose del tempo. In positivo il senso del criterio della «giustizia più grande» lo troviamo nelle beatitudini, nell’annuncio del Regno. La «giustizia più grande» è la logica delle beatitudini applicata alla lettura della Legge, all’interpretazione della Parola di Dio, cioè alla logica della gratuità. Seguire la logica della «giustizia più grande» nel leggere la Parola di Dio, significa che il vero credente non è colui che si considera a posto davanti a Dio solo quando ha fatto il minimo per osservare i suoi precetti, per essere a posto e ottenere una ricompensa, ma colui che segue la logica della gratuità e fa di più di quanto è strettamente richiesto. La giustizia più grande è quel modo di intendere il fare la volontà di Dio che non consiste nel fare il minimo, ma nel fare il massimo. È la misura dell’amore e non quella della paura. In questa logica si comprendono gli esempi concreti che seguono: non sono «antitesi» perché non negano la lettera della Legge, ma indicano un «osservanza» di essa, improntata la principio della «giustizia più grande», della gratuità dell’amore.

Conclusione

Le letture di questa domenica ci invitano a comprendere che nostra missione, come discepoli di Gesù è quella di osservare e diffondere la Parola di Dio, secondo il «principio ermeneutico» di Gesù, della «giustizia più grande», quella di chi davanti a Dio non si sente un «ricco» che ha dei meriti da rivendicare, ma quella di chi davanti al Signore si considera un «povero», che gratuitamente ha ricevuto e gratuitamente dona.

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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