Prova


I domenica di Quaresima – A

Gen 2,7-9;3,1-7; Sal 50.3-6.12-15.17; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11

 

Introduzione

La prima lettura, nella logica delle scelte del lezionario per il tempo di Quaresima (cf. OLM 97), presenta un brano tratto dalla Genesi nel quale troviamo il racconto della creazione (Gn 2,7-9) e del peccato (Gn 3,1-7). Il testo ci presenta quindi il sogno di Dio (il giardino) e il peccato dell’uomo. Come prima tappa dell’itinerario quaresimale che ci farà percorrere l’intera storia della salvezza, il testo di questa domenica propone principalmente il tema della creazione, vista come sogno di Dio per l’umanità che attende di giungere a pienezza. La Pasqua del Signore verso cui la Quaresima ci conduce è appunto, come anche nella Veglia pasquale viene annunciato, una “nuova creazione”.

In questa prospettiva, nella seconda lettura tratta dalla Lettera ai Romani, il peccato narrato nella Genesi è letto in riferimento a Cristo e al «dono di grazia» che ha raggiunto tutti per la sua «obbedienza».

Nel brano evangelico di Matteo l’obbedienza del Figlio è vista alla luce del brano tradizionalmente chiamato “delle tentazioni”. Nella prova dei quaranta giorni nel deserto, di cui la Quaresima è “sacramento”, si rivela il cuore di Figlio di Gesù e, in lui, il senso più autentico della vocazione battesimale del cristiano.

All’interno di questa domenica di Quaresima tra la prima lettura e il vangelo c’è una certa dinamica di spazi: nella prima lettura si parte da “un giardino”, nella seconda siamo in “un deserto”. Il giardino indica il luogo corrispondente al sogno di Dio sull’umanità, il deserto al luogo necessario, da attraversa in un tempo limitato, per ritornare alla propria terra che è descritta come un giardino di delizie, dove scorrono latte e miele.

Spunto di riflessione

Al centro della prima domenica di Quaresima sta il termine “prova”. Noi siamo abituati a parlare di “tentazioni”, tuttavia è più corretto usare quest’altro temine. Infatti, il Vangelo di Matteo, vuole mettere in parallelo l’esperienza della “prova” di Israele nel deserto per quarant’anni; l’esperienza della “prova” di Gesù per quaranta giorni.

Nel Vangelo di Matteo notiamo chiaramente questo intento dell’evangelista. Infatti egli inserisce, modificando il testo di Marco, le tre tentazioni e in ognuna di essere introduce delle citazioni bibliche che fanno riferimento all’esperienza dell’esodo e in particolare della “prova” durante il cammino nel deserto. Dal confronto con queste tre esperienze di “prova” può emergere il senso che ha per noi oggi questa prima domenica di Quaresima che ogni anno ci presenta, con le sottolineature proprie di ogni evangelista, il brano evangelico della “prova” di Gesù nel deserto. Nel contesto celebrativo l’episodio delle “tentazioni” è riletto in riferimento all’esperienza che la Chiesa vive nel tempo dei quaranta giorni della Quaresima protesa verso la celebrazione della Pasqua.

 

La “prova” di Israele

Il primo riferimento che prendiamo in considerazione è la prova di Israele nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto. Nel libro dell’Esodo e del Deuteronomio troviamo molte volte l’espressione “mettere alla prova”: è Dio che mette alla prova Israele e, d’altra parte, è anche Israele a voler mettere alla prova Dio con la sua incredulità.

Le prove che Israele vive nel deserto sono quelle dell’acqua, del pane e del vitello d’oro. A queste prove faranno riferimento le risposte di Gesù al “tentatore”, citando le Scritture. Infatti Gesù risponde citando testi che fanno riferimento al cammino di Israele nel deserto: la manna (Dt 8,3; Es 16), l’acqua dalla roccia (Dt 6,16; Es 17), il vitello d’oro (Dt 6,13; Es 32). Israele è tentato riguardo alla sua vita: chi mi tiene in vita?. Questa domanda si esprime in tre tentazioni fondamentali: l’acqua, il pane, l’idolatria.

Che senso ha “la prova” di Israele nel deserto? Nel deuteronomio, proprio nel versetto procedente a quello che Gesù cita (Dt 8,3), troviamo una risposta molto significativa: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi» (Dt 8,2). Il cammino di Israele nel deserto ha questo senso: sapere ciò che il popolo aveva nel cuore. Nel deserto, luogo del male e inospitale alla vita, emergono i bisogni fondamentali di Israele ed emerge chi è veramente “il suo Signore”.

Non si tratta di una esperienza puntale, “isolabile” alla sola esperienza dell’esodo. Essa è collocata lì, all’inizio dell’esistenza di Israele, nel momento della sua nascita come popolo, per esprimere ciò che segnerà tutta la sua vita: Israele percorrendo la sua storia è chiamato a mostrare cosa porta nel cuore, se il Signore è il suo Dio o no.

 La prova di Gesù

Nel Vangelo di Matteo Gesù non è scacciato, come Adamo, (questo lo troviamo in Marco), ma è “condotto”, come Israele, nel deserto. Matteo vuole farci vedere in Gesù l’immagine di colui che alla domanda “da chi dipende la mia vita?” o “chi è il mio Signore?” risponde senza esitazione: Dio è il mio unico Signore e da lui dipende la mia vita. In Gesù abbiamo il modello dell’umanità che risponde positivamente a Dio. Lui, figlio di Israele e partecipe delle stesse vicende del suo popolo – in Matteo lo si vede bene nei racconti dell’infanzia –, manifesta l’uomo che accoglie e corrisponde all’alleanza. In lui la “ricerca di Dio” trova una risposta piena e definitiva: non fuori da Israele o al posto di Israele, ma “in Israele”, poiché Gesù è figlio di questo popolo.

La prima “prova” avviene nel deserto: il luogo della prova di Israele. Siamo nel deserto. Pertanto Gesù viene a sconfiggere il male nel suo stesso territorio, “in casa sua”. Il tentatore mette alla prova Gesù su ciò che tiene in vita, il pane. Di cosa vive l’uomo?

La seconda “prova” avviene sul pinnacolo del Tempio. Essa riguarda una falsa immagine di Dio che il tentatore vuole insinuare. E’ la tentazione di “mettere Dio alla prova”, come se Dio dovesse intervenire miracolisticamente nella nostra vita. Qual è l’immagine autentica di Dio?

La terza prova avviene su un alto monte. In quest’ultimo caso la prova riguarda il potere, quindi la relazione con gli uomini. Potremmo dire che la tentazione verte sul “bisogno di essere Dio” che abita il cuore dell’uomo e di cui parla la prima lettura di questa domenica. Quale rapporto con l’altro e con Dio?

A queste tre domande Gesù da una risposta positiva: egli mostra nel deserto della prova ciò che ha nel cuore. Egli è Figlio che si riconosce “dipendente” dal Padre, vive della sua relazione con il Padre. Gesù si mostra come l’uomo pienamente realizzato nella sua relazione con Dio e con gli altri. Egli è l’uomo che corrisponde al sogno di Dio.

 

La nostra prova

Dal confronto che Matteo stesso istituisce tra la prova di Israele e la prova di Gesù cosa ricaviamo per il nostro cammino quaresimale. In Israele vediamo la fatica nel corrispondere alla alleanza di Dio. La voce di tutti i profeti ha richiamato a questa esigenza fondamentale. In Gesù vediamo la risposta piena a tale esigenza. Nel suo “sì” di uomo si realizza il “sì” di Israele e dell’umanità.

In lui anche noi vediamo che il passato non è qualcosa da cui non si può uscire, in grado di spegnere ogni speranza. Il suo “sì” può diventare “ il nostro “sì” all’alleanza con Dio che sempre si rinnova. E’ il “vangelo” della Quaresima.

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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