Pastore


IV DOMENICA DI PASQUA – A

At 2,14.36-41   Sal 22   1Pt 2,20-25   Gv 10,1-10

 Introduzione

La IV domenica di Pasqua è sempre dedicata alla figura di Gesù risorto come pastore della Chiesa. È una figura pasquale per eccellenza: fin dall’antichità troviamo la raffigurazione del «buon pastore» proprio sui sarcofagi dei cristiani, per esprimere la fede nella risurrezione. Con la sua risurrezione Gesù è divenuto «pastore» che guida i suoi discepoli alle acque della fonte della vita. Una immagine che non dovrebbe essere «annacquata» o sfigurata con tematiche che non rientrano direttamente in questa logica con la quale la liturgia ci invita a leggere oggi i testi biblici.

Nella prima lettura troviamo un altro passaggio del discorso di Pietro nel giorno di Pentecoste (At 2,14.36-41). La parola di Pietro è una parola che sa toccare il cuore, sa smuovere e suscita una domanda: «che cosa dobbiamo fare?». La predicazione della Chiesa nascente è una parola che fa interrogare, che smuove, che scomoda. La seconda lettura (1Pt 2,20-25) indica ai credenti Gesù come «un esempio», del quale occorre seguire le orme. Il Signore della Pasqua è come un «pioniere» che apre una strada, perché anche noi possiamo camminare dietro di lui. Entrambe queste letture possono condurci a leggere la pagine del Vangelo in un’ottica pasquale.

Commento

In che senso l’immagine di Gesù «buon pastore», che emerge dalla lettura dei primi versetti del c. 10 del Vangelo di Giovanni, è una figura pasquale? L’arcivescovo di Canterbury R. Williams ha scritto che la Chiesa «non viene “fondata” da Gesù come un’istituzione che preservi il ricordo dei suoi atti e delle sue parole; essa è la comunità di coloro che lo incontrano come risorto, e il luogo in cui tutto il mondo possa incontrarlo come risorto». Ora la Chiesa nel suo cammino attraverso la storia dell’umanità, tenendo tra le mani le Scritture di Israele che parlano di YHWH come di un pastore che conduce il popolo a pascoli verdeggianti, ha scoperto che Gesù nella sua risurrezione è divenuto per essa pastore che la conduce, la nutre e la sostiene. L’identità di Gesù come «buon pastore» è uno dei frutti della sua Pasqua che la Chiesa scopre presente nella sua vita.

Questo tratto del volto risorto del suo Signore – che il Padre ha risollevato dalla tomba – la Chiesa lo scopre, come abbiamo detto, tenendo tra le mani le Scritture sante di Israele. Il Risorto quando appare ai suoi discepoli compie una azione essenziale per la vita della comunità: apre le loro menti alla comprensione della Scritture. Così la Chiesa, grazie al dono pasquale dello Spirito, può leggere i fatti della vita di Gesù e la sua vicenda di ogni tempo alla luce delle Scritture. Facciamo attenzione: non solo a leggere le Scritture alla luce dell’evento Pasquale, ma anche l’evento pasquale alla luce delle Scritture di Israele. Così, tenendo tra le mani le Scritture sante, la Chiesa ha riconosciuto in Gesù risorto il pastore buono che la guida verso la pienezza del Regno di Dio.

Nel libro di Michea profeta leggiamo (2,12-13) una profezia nella quale si annuncia il raduno di Giacobbe in un recinto sicuro. Questo raduno sarà realizzato da un re che aprirà una breccia e procederà davanti al popolo per aprire e segnare la via. In tutte le Scritture ebraiche il tema del raduno è riferito al compimento finale delle promesse di Dio. Il raduno dalla dispersione, l’unità è una realtà che riguarda i tempi escatologici, i tempi del Messia. La Chiesa, guardando alle vicende di Gesù, che aveva annunciato che dalla croce avrebbe attirato tutti a sé, scopre che nella vicenda terrena di quell’uomo di Nazareth è lo stile del Dio dei padri che continua e che si fa presente. Nel suo Vangelo Giovanni afferma che Gesù è venuto per radunare i figli di Israele dispersi (Gv 11,52). È un Dio fedele quello che si manifesta per la Chiesa sul volto di Gesù che è visto come la guida che apre la via e conduce verso il Regno.

Anche nel libro di Geremia profeta si parla di un pastore. In Ger 23,1-4 Dio rimprovera i pastori del suo popolo per aver fatto perire e disperdere il gregge. Dio stesso si descrive come pastore che raduna il suo popolo come un gregge e lo fa ritornare ai suoi pascoli.

Infine, senza citare il famoso e importante testo di Ezechiele 34, facciamo riferimento al Salmo 23 (22), che è il salmo responsoriale di questa domenica, nel quale Israele narra la sua relazione con YHWH come quella delle pecore con il loro pastore, e come quella di un viandante con l’ospite che lo accoglie nella sua casa e gli prepara una mensa di ricche vivande. Al centro di questo salmo abbiamo l’espressione: «perché tu sei con me!». È questa la percezione di Dio da parte di Israele: un Dio con noi, l’Emmanuele.

La Chiesa nel suo incontrarsi con il Risorto sulle strade della storia dell’umanità legge la «coerenza» con queste pagine delle Scritture ed interpreta la presenza del Risorto in mezzo a lei come quella di un pastore che la guida verso pascoli e acque tranquille e come un ospite che la accoglie nella sua casa e la nutre, la sostiene in vita nel suo cammino.

Così la Scrittura, in queste e molte altre pagine, diviene come la chiave di lettura per interpretare la vita della Chiesa: è la mappa che guida i suoi passi e le permette di leggere gli avvenimenti che sono accaduti al Maestro di Nazareth e nella sua vicenda come storia di Salvezza… come incontro con il Dio fedele che non viene meno alle sue promesse.

Questa lettura pasquale che la Chiesa fa della sua storia e dell’esistenza dei singoli credenti la troviamo esplicitamente annunciata nella Prima lettera di Pietro nel testo proposto in questa domenica come seconda lettura: «Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime». L’autore di questo scritto del Nuovo Testamento, che la tradizione ha identificato con l’apostolo Pietro, rilegge tutta la vicenda di Gesù alla luce dei canti del Servo di YHWH presenti nel libro di Isaia e in particolare a Is 53. La vita di Gesù, in particolare la sua morte e risurrezione, è vista come il modello della vita della Chiesa stessa. Essa nella sua vicenda terrena, tra le prove e le sofferenze che la segnano, deve saper imitare la scelta di giustizia (vivessimo per la giustizia) che ha fatto il suo Signore.

Conclusione

Con le Scritture tra le mani anche oggi la Chiesa può leggere la sua storia alla luce della presenza in mezzo a lei del Signore risorto che è suo pastore e guida nelle vicende dell’umanità. E può, in questo modo, sempre e nuovamente guardare a Colui che ha aperto per lei il cammino e che, nel totale affidamento della sua causa alle mani del Padre, diviene il modello al quale uniformare la sua vita, il Pastore sulle cui orme camminare verso l’ingresso definitivo e pieno nei pascoli eterni del Regno.

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

Share