Paraclito


VI DOMENICA DI PASQUA – A

At 8, 5-8.14-17; 1Pt 3,15-18; Gv 14,15-21

 

 Introduzione

Nella VI domenica di Pasqua comincia a emergere nella liturgia della Parola il tema dello Spirito santo che sarà presente nelle letture bibliche fino alla solennità di Pentecoste. Spesso noi facciamo fatica a collegare il tema dello Spirito con la Pasqua di Gesù e quasi consideriamo la Pentecoste la «festa dello Spirito» indipendentemente dal fatto che essa si collochi nel tempo di Pasqua e come suo coronamento, culmine e compimento. Invece la liturgia ci vuol far vivere e meditare il tema del dono dello Spirito alla Chiesa come un elemento intrinsecamente legato alla Pasqua di Gesù. Il dono dello Spirito è un dono Pasquale, anzi il dono pasquale per eccellenza. Nel Vangelo di Giovanni questo legame è ancora più evidente di quanto non appaia nel Vangelo di Luca, i cui riferimenti temporali – quaranta dopo la Pasqua l’Ascensione, cinquanta giorni dopo la Pasqua la Pentecoste – hanno contribuito a strutturare il nostro anno liturgico. Infatti, lo Spirito in Giovanni è donato ed effuso dal Cristo morente in croce e «alitato» sui discepoli riuniti la sera del giorno del giorno della risurrezione (Gv 20,22). Lo Spirito è il dono del Crocifisso-Risorto, il dono che segna la vita della Chiesa nel suo cammino nella storia dopo la risurrezione del suo Sposo e Signore.

Nella prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli (At 8, 5-8.14-17) nel ministeri di Filippo in Samaria si prolunga la missione stessa di Gesù e i samaritani, per l’imposizione delle mani degli Apostoli ricevono lo Spirito Santo. Nella seconda lettura tratta dalla Prima Lettera di Pietro (1Pt 3,15-18) i credenti sono chiamati a «rendere ragione» della loro speranza, ma con uno «stile» conforme al vangelo, «con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza».

Commento

Il dono dello Spirito non è una novità del Nuovo Testamento. Anche nell’Antico il dono dello Spirito effuso su tutti i credenti è un evento che caratterizza i tempi del Messia, i tempi messianici. In Ez 36,27, un testo che si legge nella Veglia pasquale, Dio dice per bocca del profeta: «porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi». Il popolo potrà osservare gli statuti e le leggi di YHWH, perché egli porrà in lui (nel suo intimo) il suo Spirito.

Nel brano del Vangelo di Giovanni proposto in questa domenica si parla dello Spirito come di «un altro Paraclito». Questo crea immediatamente un legame con «il primo Paraclito» che evidentemente è Gesù stesso. Basta leggere la Prima lettera di Giovanni per cogliere questa corrispondenza. Infatti in 1Gv 2,1 si legge: «Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto». Nel testo greco il termine è il medesimo che nel brano evangelico di questa domenica si riferisce allo Spirito. Lo Spirito e Gesù sembrano quindi avere la medesima funzione riguardo ai credenti: entrambi sono “dalla loro parte”. Infatti parakleton, che nella vecchia traduzione CEI veniva tradotto a volte con “consolatore” (Gv 14,16.26; 15,26; 16, 7) e una con “avvocato” (1Gv 2,1), indica la figura di chi sta dalla parte di qualcuno e agisce «in favore di». Per questo ora che Gesù sale al Padre «un altro Paraclito» sarà inviato ai discepoli.

Tuttavia, quest’altro Paraclito non avrà una funzione autonoma rispetto a quella del primo. Infatti se guardiamo cosa dice Giovanni di questo secondo Paraclito, vediamo che la sua azione è sempre in rapporto con Gesù. Egli (14,16) rimarrà presso i discepoli per sempre. Si tratta di una presenza che accompagna costantemente e in ogni tempo la vita della Chiesa. Nel cammino della comunità dei discepoli di Gesù c’è una presenza che continua e tale presenza è lo Spirito. Però la presenza di questo «Paraclito» (Gv 14,26) nel suo rimanere con i discepoli di Gesù avrà la funzione di insegnare ogni cosa e di ricordare tutte le parole di Gesù: «il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». Il suo compito quindi non sarà quello di fare una nuova rivelazione, di aggiungere qualcosa alla manifestazione di Dio che è stata fatta da Gesù con la sua vita e la sua Pasqua, ma quella di renderla presente e attuale in ogni istante della vita della Chiesa. Inoltre, non si tratterà di una azione esteriore, ma interiore: le parole di Gesù non saranno più udite dai discepoli ma saranno poste nel loro intimo dallo Spirito. È la Torah scritta non più su tavole di pietra ma nei nostri cuori di cui parla Geremia (Ger 31,31-34).

Questo tema viene ripreso in Gv 16,13: «lo Spirito di verità, vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future». Compito dello Spirito è guidare alla verità tutta intera. Ma noi sappiamo che la Verità nel Vangelo di Giovanni non è qualcosa di razionale, ma è la rivelazione di Dio che si è manifestata in Gesù, nel Verbo fatto carne, l’esegeta del Padre. In fondo la Verità non è altro che Gesù stesso. Lo Spirito, il Paraclito, dovrà guidare i credenti alla pienezza della rivelazione di Gesù, anzi alla pienezza di Gesù. Lo Spirito è colui che traccia suo volto della Chiesa di ogni tempo i medesimi tratti del volto di Cristo, che rende la Pasqua di Gesù evento attuale nella vita della Chiesa.

Anche in Gv 15,26 dove si usa nuovamente il termine “Paraclito”, si afferma il legame profondo tra Gesù e lo Spirito. Infatti si dice che lo Spirito è colui che «rende testimonianza a Gesù». Lo Spirito è «il martire» (testimone) di Gesù, è colui che rende possibile nella vita della Chiesa ogni testimonianza, ogni «martirio». Nella vita di ogni martire della storia della Chiesa si è resa tangibile questa presenza dello Spirito che rende «pasquale» la vita dei discepoli e delle discepole di Gesù conformandola pienamente a quella del loro maestro. Quando la Chiesa celebra un martire in fondo celebra proprio la presenza della Pasqua resa interiore alla vita di un discepolo di Cristo: non celebra qualcosa di diverso da ciò che si celebra nel Triduo pasquale, ma la medesima realtà che, grazie al dono pasquale dello Spirito, è divenuto carne e sangue nell’esistenza concreta di un discepolo di Gesù, nella Chiesa.

Conclusione

Da questi tratti dello Spirito che il Vangelo di Giovanni ci descrive nel discordo di addio di Gesù, collocato immediatamente prima alla narrazione della sua passione, morte e risurrezione, cogliamo il legame profondo tra la Pasqua e il tema dello Spirito che fa capolino nella liturgia pasquale di questa domenica. Il tema dello Spirito non è quindi qualcosa che si aggiunge alla celebrazione della Pasqua, ma uno degli aspetti della Pasqua: la Pasqua che diviene vita della Chiesa, quella vita nuova che è la vita stessa del Risorto. Le altre letture di questa domenica descrivono in fondo i frutti di questa presenza operante dello Spirito nelle parole e nelle opere dei discepoli e delle discepole del Signore.

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

Share