“Oggi”


XXXIV domenica del Tempo ordinario C – Cristo Signore dell’universo

LETTURE: 2 Sam 5, 1-3; Col 1, 12-20; Lc 23, 35-43

Introduzione
Il clima di questi giorni, la luce tenue dell’autunno, la natura che si assopisce, rimandano a qualcosa di invecchiato. Stanno per finire i colori dell’autunno e ci stiamo avvicinando all’inverno. La liturgia in questa atmosfera che la natura ci dona vede il sacramento capace di annunciare l’oltre del tempo: ci guida a guardare verso un orizzonte che non è un limite invalicabile, ma il punto da quale guardare la nostra storia con occhi differenti. A partire dalla fine – lo vedremo anche nelle prossime domeniche d’Avvento – riceve luce nuova il nostro presente.
Guardare troppo a passato ci può paralizzare e rendere incapaci di guardare alla nostra vita con fiducia. I testi di questa domenica che chiude il Tempo ordinario ci invitano ad una riflessione di fondamentale importanza per la vita della chiesa e per la storia dell’umanità. La celebrazione di questa domenica che contempla la Signoria di Cristo sulla storia dell’umanità e sul tempo ci salva dal rischio di uno sguardo solo rivolto al passato per farci vivere già oggi di futuro.
Questo nostro mondo, che la natura ci mostra invecchiato non è chiuso nel “qui ed ora” ma è abitato dalla speranza, perché Qualcuno ha già varcato i suoi confini. Il brano della Lettera ai Colossesi (II lettura) ci permette di applicare alla nostra vita il messaggio di speranza che la liturgia di questa domenica ci comunica, poiché annuncia che «il Padre ci ha resi partecipi della sorte dei santi nella luca». Da questa consapevolezza può nascere in noi il ringraziamento e la lode.

Riflessione
Come parlare del futuro?
Noi siamo abituati a parlare di ciò di cui possiamo fare esperienza. Allora come fa la liturgia di oggi a parlarci del futuro? Lo fa nel modo proprio alla teologia cristiana di parlare del futuro. Afferma J. Moltmann: «L’escatologia cristiana non parla del futuro in generale. […] L’escatologia cristiana parla di Gesù Cristo e del suo futuro; riconosce la realtà della risurrezione di Gesù e annuncia il futuro del risorto» (da Teologia della Speranza). Sì, la liturgia di oggi ci parla del futuro a partire dalla storia di Gesù e dal suo futuro, anzi lo fa a partire dalla storia di Israele, da Davide.
Il brano del Vangelo sorprendentemente parla della crocifissione di Gesù e della sua morte in croce. Forse questo brano è stato scelto perché in esso si parla di “regalità”, che anche il brano del Secondo Libro di Samuele (I lettura) mette in evidenza narrando l’unzione di Davide come Re di Israele. Tuttavia in sé è particolarmente adatto ad esprimere ciò che abbiamo detto perché troviamo qui il “confronto” – Moltmann direbbe la contraddizione – della risurrezione con la morte. Nel momento in cui Gesù è crocifisso e fa esperienza dell’ingiustizia e della morte, avviene un annuncio di speranza che contraddice la morte e ne rivela l’impotenza nei confronti della vita.
Questo confronto tra vita e morte – un confronto che è contraddizione della vita nei confronti della morte – nel nostro brano emerge soprattutto nel dialogo tra Gesù e uno dei malfattori crocifissi con lui crocifissi con lui. Questo malfattore è il primo uomo – eccettuati Enoc ed Elia nel Primo Testamento – a mettere piede nell’eternità del Regno. Certamente è il primo a godere del rinnovamento di ogni cosa che il Padre ha operato attraverso il Figlio, che ha donato la sua vita per l’umanità. Egli è il primo attratto da Cristo innalzato da terra, esaltato alla destra del Padre.
Quest’uomo/malfattore è il simbolo, il rappresentante dell’umanità peccatrice che Gesù, come pastore buono, è venuto a cercare e a salvare; è il rappresentante di ogni malfattore – di me, di noi – che sa che la sua vita non è ancorata al peso della propria povertà. Quest’uomo è tutta l’umanità, gli uomini e le donne di ogni tempo, che aspirano al rinnovamento, alla novità, che anelano, incatenati al male che li circonda, al bene che vogliono ma che non sanno realizzare.

“Oggi” sarai con me
A quest’uomo Gesù, dalla croce, si rivolge dicendo: «Oggi sarai con me in paradiso!». Questo “oggi” nel Vangelo di Luca è particolarmente importante e significativo. Nel Vangelo di Luca infatti abbiamo cinque grandi “oggi”: 2,11; 4,21; 5,26; 19, (5) 9; 23,43. Questa serie di “oggi” che scandiscono il racconto di Luca sono particolarmente significativi per il pensiero dell’evangelista che vede nel tempo di Gesù il “centro del tempo”. Ognuna di queste affermazioni riguarda il compiersi della salvezza: la nascita di Gesù, l’inaugurazione della sua missione nella sinagoga di Nazareth, l’espressione di stupore dei suoi contemporanei di fronte alle sue opere, l’incontro con i pubblicano Zaccheo e infine le parole rivolte al malfattore crocifisso con lui. Tutte queste ricorrenze costituiscono la proclamazione che c’è un “oggi”, che è quello di Gesù, nel quale la salvezza di Dio si manifesta per gli uomini e le donne e raggiunge il suo compimento.
Il malfattore crocifisso con Gesù sente rivolgere a sé questo “oggi”. Ma quell’uomo come abbiamo detto è il rappresentante di ogni uomo e di ogni donna che in ogni tempo può essere raggiunto dall’oggi della salvezza che in pienezza si è realizzata nella pasqua di Gesù.
Il compimento della storia, come ci dice il Libro dell’Apocalisse, consiste nel progressivo allargamento ad ogni mancanza di bene della Pasqua-risurrezione di Cristo. C’è un compimento del futuro che si è già realizzato e che ha contraddetto radicalmente il male, facendo passare la speranza da utopia a realtà. Sempre J. Moltmann afferma che «il fatto che ogni affermazione sul futuro sia fondata sulla persona e la storia di Gesù Cristo costituisce la pietra di paragone per distinguere gli spiriti dell’escatologia da quelli dell’utopia».
La festa che oggi celebriamo ci dice che questo “oggi” può essere pronunciato anche per noi ora e che già nel presente possiamo vivere qualcosa del futuro e partecipare all’“oggi” della risurrezione di Gesù che sta progressivamente, anche se in una logica che non spesso non sappiamo riconoscere, trasfigurando la storia in cammino verso quei cieli nuovi e quella terra nuova nella quale l’umanità vivrà sotto la stessa tenda di Dio. Allora ogni lacrima sarà asciugata dai volti e luce sarà l’Agnello.

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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