La preghiera nell’Attesa


XXIX domenica del Tempo ordinario C
LETTURA: Es 17, 8-13; 2 Tm 3, 14 – 4, 2; Lc 18, 1-8

Introduzione
Il contesto nel quale si colloca questo il brano evangelico è sempre quello del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. In particolare ci troviamo ad un punto del viaggio molto avanzato. Ormai Gerusalemme è vicina ed è vicino il tempo della prova per Gesù e per i suoi discepoli. Il contesto quindi è quello della prova imminente. Un tema che probabilmente interessa da vicino la comunità di Luca chiamata anch’essa a resistere nella prova nell’attesa del Signore che tarda a venire. Luca in questo modo – come fa in altri passi del suo vangelo – proietta nella vita di Gesù una situazione nella quale può ritrovarsi anche un membro della sua comunità. Questo brano con un occhio guarda al passato (la situazione di Gesù e dei suoi discepoli nel loro viaggio verso Gerusalemme) e con un occhio guarda al futuro (il tempi ultimi, la venuta del Signore), con l’intento di far vivere nella fede e nella speranza il presente della comunità cristiana.
Anche il brano del Libro dell’Esodo (I lettura) tratta il tema della preghiera riportando l’episodio della battaglia contro Amalek. E’ un contesto di lotta e di guerra e il testo biblico sottolinea come sia la preghiera, cioè la fiducia nel Signore, a vincere le battaglie di Israele. Nella Lettera a Timoteo (II lettura), l’Apostolo esorta il giovane discepolo a rimanere saldo in ciò che ha imparato e ciò in cui crede. Anche in questo caso si fa riferimento alla modalità dei credenti di attraversare la storia e le difficoltà. Una saldezza che si fonda sulla conoscenza delle Scritture. La fermezza e la saldezza a cui viene invitato Timoteo deve diffondersi nella comunità.
Tenendo presente questo contesto nel quale il brano si inserisce cerchiamo di ripercorrerlo per coglierne il senso.

Riflessione
Sulla necessità di pregare sempre
L’insegnamento sulla preghiera è un tema centrale in tutto il Vangelo di Luca. In Lc 11,5-8 troviamo la parabola dell’amico importuno che per molti aspetti è simile a quella narrata nel brano evangelico di questa domenica.
Per comprendere la prospettiva dell’insegnamento sulla preghiera non possiamo dimenticare che i testi che precedono questo brano sono di sapore espressamente apocalittico. Si tratta dei testi sulla venuta del Figlio dell’uomo (Lc 17,22-37). Il brano che segue invece – sarà il testo della XXX tempo ordinario – C) – riporta un altro insegnamento sulla preghiera, la parabola del fariseo e del pubblicano.
Il v. 1 è probabilmente una aggiunta lucana e costituisce la prima parte della cornice che delimita il testo nella forma in cui è giunto a noi. Si parla della necessità di pregare sempre senza stancarsi. E’ un tema che avrà un grande sviluppo nella tradizione spirituale-monastica e del quale troviamo altri riferimenti (sebbene in contesti molto diversi) nel Nuovo Testamento. Ad esempio in Rm 12,12 leggiamo: «abbiate gioia nella speranza, siate costanti nelle avversità, assidui nella preghiera». In 1 Tes 5,17: «Pregate senza interruzione». L’invito proprio di Luca va colto proprio nel suo contesto e probabilmente collegato alla domanda che chiude il testo stesso, cioè la seconda parte della cornice (v. 8b): «Ma il figlio dell’uomo quando verrà troverà la fede sulla terra?».
Nei v. 2 e 3 abbiamo la presentazione dei personaggi della parabola. Nel v. 3 viene presentato il primo personaggio, il giudice. Di lui si dice che non teme Dio e non ha rispetto per nessuno. Il giudice stesso si definirà in questo modo nel suo monologo che troviamo al v. 4. Egli non temere Dio, e questo è un impedimento per svolgere la funzione stessa di giudice (Sal 111,10: Principio della saggezza è il timore del Signore. cfr. Pr 1,7). Egli disprezza chi gli compare davanti, non ha rispetto per nessuno. In Sir 35,12-15 abbiamo la descrizione del giudice ideale che è il Signore stesso. Ora il giudice della parabola è l’esatto contrario di questa figura ideale di giudice.
Nel v. 3 abbiamo invece la descrizione del secondo personaggio, una vedova. Nel Antico Testamento le vedove (insieme agli orfani e agli oppressi) sono le figure che maggiormente hanno bisogno di essere difese: non hanno nessuno che le difenda, non hanno forza per poter rivendicare il loro diritti, ha loro si deve fare giustizia. Agli orfani e alle vedove va dato ciò che la Legge ha stabilito per difendere la loro posizione di debolezza. La vedova della parabola si rivolge al giudice per ottenere giustizia nei confronti di un suo avversario. Il testo non specifica nulla ma si può supporre che si tratti di questioni riguardanti l’eredità del marito. Per la legge le vedove non erano eredi del marito, ma veniva loro garantito il diritto di trarre sostentamento dai beni del marito per tutta la durata del loro stato di vedovanza. In questo caso la donna cercherebbe di ottenere ciò che le spetta di diritto.
Nei v. 4-5 troviamo la descrizione del comportamento del giudice nei confronti di questa vedova. Il giudice dapprima la ignora, non ascolta la sua richiesta, ma alla fine acconsente. Troviamo qui uno dei monologhi interiori tipici delle parabole di Luca (cfr. 12,16-21. 42-46; 15,11-32; 16,1-8; 20,9-19). A causa dell’insistenza della donna, per non essere importunato continuamente il giudice alla fine interviene e le fa giustizia. E così termina la parabola propriamente detta.
Nei v. 6-7 troviamo invece l’applicazione della parabola, l’insegnamento che Gesù vuole trarre da essa. Ora il giudice è chiamato – usando un semitismo – “giudice di ingiustizia”. Nel v. 7 troviamo due domande che presuppongono una decisa risposta. Risposta positiva nel primo caso, negativa nel secondo. Il particolare degli eletti che gridano giorno e notte verso il Signore, ci riporta nel contesto apocalittico della “tribolazione”. Gli uditori di Gesù, i destinatari di Luca, i lettori di ogni tempo sono chiamati a vivere il tempo che li separa dall’incontro con il loro Signore, avendo nel cuore questo grido, nella paradossale certezza che “prontamente” (v. 8a) egli li ascolterà. L’evangelista argomenta in un modo simile a quello che abbiamo trovato nella parabola dell’amministratore disonesto: da un giudice di ingiustizia al comportamento di Dio. Il v. 8 lo possiamo suddividere in due parti. Nel v. 8a si afferma che Dio prontamente renderà giustizia. Nel v. 8b invece troviamo una aggiunta redazionale nella quale ritorna il tema del Figlio dell’uomo.

La preghiera nel tempo dell’attesa
L’insegnamento della parabola riguarda certamente la preghiera, ma in particolare la preghiera in un tempo di prova, o meglio la preghiera del discepolo nel tempo che lo separa dall’incontro con il suo Signore. E’ la preghiera del tempo della Chiesa, che riguarda la comunità di Luca, ma riguarda anche ogni comunità che in ogni tempo si mette in ascolto di questo brano evangelico. A questo contesto si aggancia la domanda finale di Gesù che così appare meno isolata. C’è un legame tra il perseverare nella fede e il perseverare nella preghiera. E’ la cornice del brano: all’inizio si parla di perseverare nella preghiera, alla fine della perseveranza nella fede. La perseveranza nella preghiera è anche una nota caratteristica della comunità di Gerusalemme descritta negli atti come comunità ideale: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42). Luca invita la sua comunità e i suoi lettori di ogni tempo a rimanere in quella perseveranza.

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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