Io con voi


ASCENSIONE DEL SIGNORE – A

At 1, 1-11 / Sal 46; Ef 1, 17-23; Mt 28, 16-20

 

Introduzione

Con la festa dell’Ascensione del Signore cominciamo a guardare alla meta del tempo pasquale che abbiamo percorso attraverso i Cinquanta giorni e che terminerà con la Domenica di Pentecoste. Che senso dare a questa festa nella prospettiva di questo tempo liturgico? In che senso la festa dell’Ascensione ci parla della vita della Chiesa oggi e non solo di un fatto avvenuto in un lontano passato?

In fondo, se ci pesiamo bene, il «tempo dell’Ascensione» è il nostro tempo, il tempo in cui viviamo. Siamo eredi di quegli uomini di Galilea sorpresi «con il naso rivolto verso l’alto» e ripresi da voci angeliche affinché volgessero a terra il loro sguardo, alla storia dell’umanità che da quel momento in poi avrebbe ripreso il suo cammino, abitata da una sconvolgente novità: Dio aveva calpestato le sue strade, parlato le sue lingue, mangiato il suo pane, pianto le sue ferite…

In fondo la Chiesa in questa domenica celebra ancora, come ha fatto durante tutto il cammino pasquale, la sua vita in relazione con il Risorto. Tuttavia, questa domenica ha un sapore particolare perché tocca, facendo come una inclusione con la seconda domenica di Pasqua, il mistero della presenza-assenza del Risorto nella vita della Chiesa e dell’umanità. Quel mistero di cui la Chiesa in ogni tempo vive e in cui trova il senso della propria esistenza.

Commento

La prima cosa che nel brano del Vangelo di Matteo di oggi colpisce è l’affermazione di Gesù: «ecco io sono con voi fino alla fine del mondo». Come sappiamo, questa affermazione crea una grande inclusione che abbraccia tutto il primo Vangelo. Infatti, all’inizio del Vangelo di Matteo a Giuseppe viene detto di mettere nome al bambino che nascerà a Maria sua sposa «Emmanuele». Il testo spiega il significato di questo nome ebraico: significa «Dio-con-noi» (Mt 1,23). Quindi Gesù è chiamato fin dall’inizio della sua vita «Dio-con-noi». In questo nome si sintetizza tutta la sua missione, si dice la sua identità più profonda. In lui si sarebbe manifestato ancora una volta il volto del Dio di Israele che appunto si è sempre rivelato come «un Dio con», un Dio che si fa presenza viva e operante nella storia del suo popolo e dell’umanità.

Questa medesima immagine è ripresa nel testo evangelico di questa domenica per dire ciò che Gesù è per la Chiesa dopo la sua ascensione al cielo. Egli rimane l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Può sembrare strano che proprio nel momento in cui Gesù lascia i suoi discepoli per ritornare al Padre affermi questa sua identità. Ma è proprio questo che sta al centro della liturgia dell’Ascensione. Gesù sale al cielo ma la sua presenza nel mondo continua nei suoi discepoli: «io sono con voi!».

La missione stessa della Chiesa, dei discepoli nel mondo è radicata in questa presenza che non viene mai meno. Infatti, l’affermazione «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» si fonda proprio su quella che segue «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Tuttavia, se al centro del mistero dell’Ascensione del Signore troviamo la perenne permanenza del Risorto in mezzo ai suoi, ugualmente è importante il fatto che egli se ne vada e che una nube lo sottragga dalla loro vista. Infatti, questo ci dice che la presenza del Risorto, affermata con forza dal Signore stesso e dichiarata parte integrante della sua stessa identità dall’inizio alla fine del Vangelo di Matteo, è una presenza nell’assenza. La presenza del Risorto nella Chiesa è una presenza differente da quella dei giorni in cui egli visse con i suoi discepoli sulle rive del lago di Galilea, nella Giudea, a Gerusalemme… Ora il Signore è presente nella sua assenza.

Questo ha conseguenze estremamente importanti. Infatti questa assenza è lo «spazio della libertà» che il Risorto dona alla sua Chiesa e all’umanità. Come nella vita di ogni uomo e di ogni donna deve avvenire ad un certo punto il distacco da coloro dai quali si è ricevuta la vita, così nella vita della Chiesa l’età adulta è segnata dal distacco dal suo Signore. Questo significa che da quel momento in poi la scelta di seguire Gesù si giocherà sulla capacità di discernere una presenza discreta che non si impone, ma che si lascia scorgere nell’esistenza di una comunità in cammino nella storia.

Ma questo fatto determina anche che ora la presenza del Risorto è nella vita dei discepoli: «io sono con voi» vuol dire che Gesù non abbandonerà i suoi discepoli, ma significa anche che la sua presenza nel mondo ora è legata alla esistenza dei suoi discepoli in mezzo ai quali egli dimora. Per questo i due uomini in bianche vesti rimproverano i discepoli perché guardano il cielo: ora non è il tempo di cercare una presenza del Signore diversa da quella che si manifesta nella comunità dei fratelli e delle sorelle (nella koinonia, nella parola, nella liturgia…). Occorre resistere alla tentazione di andare a cercare manifestazioni straordinarie di un Dio che si lascia catturare e trattenere. Egli tornerà un giorno, ma tornerà così come l’abbiamo visto salire al cielo. Sarà un volto conosciuto! Ma ogni tentativo di cercare altre presenze fisiche, anche quelle che consideriamo più sacre e venerabili, in realtà ci distraggono da quella ricerca vera e profonda dell’Assente che feconda della sua presenza la vita concreta della Chiesa pellegrina nel mondo.

Conclusione

Nella seconda lettura l’apertura della Lettera agli Efesini invoca sui credenti uno spirito di sapienza e di rivelazione perché essi sappiano giungere ad una più profonda conoscenza di Dio e della sua straordinaria potenza verso di loro. Questa potenza si è manifestata nella Pasqua di Gesù che è stato costituito da Dio Signore della Chiesa che è il suo corpo. È in questo «corpo» del Signore che cammina oggi sulle vie del mondo che i cristiani sono chiamati a discernere la presenza di Gesù il Vivente.

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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