Entrerà nel suo tempio il Signore


PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – 2 febbraio

Ml 3,1-4   Sal 23   Eb 2,14-18   Lc 2,22-40

Introduzione

La festa della Presentazione di Gesù al Tempio, in oriente festa dell’Incontro, è legata al tempo della manifestazione e celebra l’incontro con Simeone e Anna con il bambino Gesù e i suoi genitori nel Tempio. Al centro abbiamo il brano evangelico di Luca (Lc 2,22-40) che presenta ciò che accade nel tempio di Gerusalemme, mentre Maria e Giuseppe compiono ciò che è prescritto dalla Legge di Mosè. Il brano della prima lettura (Ml 3,1-4) ci guida alla lettura di questo evento come l’incontro del Messia del Signore con il suo popolo Israele, rappresentato proprio da Simeone e Anna. La seconda lettura (Eb 2,14-18) ci invita a cogliere in questo evento la manifestazione di quella «solidarietà» con l’umanità del Messia, sommo sacerdote, che «della stirpe di Abramo si prende cura» e non degli angeli.

Commento

Gesù entra nel tempio di Gerusalemme, vi entra, secondo Luca in obbedienza alla Legge del Signore. Non vi entra con le sue gambe, come un sommo sacerdote o un re che prende possesso della sua carica, ma con quelle dei suoi genitori, fisicamente, idealmente con quelle del suo popolo, Israele. È Israele che porta il Messia nel tempio perché lo purifichi e si possa offrire un culto a Dio gradito.

Secondo la profezia di Malachia il Signore sarebbe entrato nel suo tempio per «purificare i figli di Levi». All’inizio del testo evangelico l’uso del plurale – «per la loro purificazione» lascia intendere un riferimento alla profezia di Malachia. Infatti, il testo avrebbe dovuto usare il singolare, se si fosse riferito alla purificazione di Maria. Solo la madre doveva essere purificata non il padre, a causa della perdita di sangue durante il parto. L’uso del plurale può rimandare alla profezia di Malachia e indicare la possibilità inaugurata con la venuta del Messia di un culto a Dio gradito; un «sacrificio puro» (Mal 1,11).

Nel tempio il Signore incontra due «vigilanti», due anziani: Simeone ed Anna. Interessanti sono le caratteristiche attribuite a Simeone. Il suo nome rimanda all’ascolto in ebraico; di lui si dice che era giusto e pio, cioè viveva nell’obbedienza alla Torah del Signore e nella relazione con lui; egli attendeva la consolazione di Israele, rimandando ai tanti testi profetici che la annunciano (cf. Is 40,1-2); infine si afferma che lo Spirito del Signore era su di lui (cf. Is 61,1). Di Anna si dice esplicitamente che essa era avanzata in età ed era una profetessa, serviva Dio nel tempio notte e giorno con digiuni e preghiere; essa parlava del bambino a tutti coloro che attendevano «la redenzione» di Gerusalemme. Due credenti che attendono la consolazione e la redenzione, incontrano nel tempio il Messia del Signore e possono stringerlo tra le loro braccia. Sono immagine di Israele che vive nell’ascolto, nella ricerca della volontà di Dio e del rapporto con lui, nel suo servizio; che attende la consolazione e annuncia la redenzione. È Israele che ascolta, obbedisce, serve, attende e annuncia che accoglie il Messia tra le sue braccia e lo dona all’umanità come «luce per illuminare le genti».

Il sostantivo «consolazione» compare unicamente due volte in Luca, qui e nel contesto delle beatitudini/guai. Ai ricchi Gesù dice: «guai a voi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione» (Lc 6,24). Simeone è un «povero» che attende da Dio il ribaltamento della situazione. Nella scrittura «consolare» non significa unicamente una vicinanza morale o affettiva; significa risolvere le situazioni che portano all’afflizione. Quando Dio consola, ribalta le situazioni, riconduce dall’esilio, fa fiorire il deserto. Ebbe in Gesù, che ora stringe tra le braccia, Simeone può riconoscere la «consolazione» di Israele. Simeone sente risuonare per sé le parole di Isaia: «Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni; succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria» (Is 66,11).

Il termine «redenzione» in Luca compare qui e al capitolo precedente nel cantico del Benedictus sulle labbra di Zaccaria (Lc 1,68). La redenzione di Israele e di Gerusalemme era attesa per opera del Messia come una liberazione concreta da ogni forma di schiavitù e dominazione. Anche Anna è una povera del Signore che attende giorno e notte nel tempio di vedere la sua salvezza. Anna sente risuonare per sé nel Signore che entra nel Tempio le parole di Isaia: «Per nulla foste venduti e sarete riscattati senza denaro». (Is 52,3).

In Gesù, portato da Maria e Giuseppe nel Tempio, i due anziani Simeone ed Anna sanno riconoscere la «consolazione» e la «redenzione» di Israele. Sarà ciò a cui condurrà tutto il racconto del Vangelo di Luca fino a giungere ai piedi della croce dove si realizzeranno la consolazione e la redenzione. I due anziani possono cantante nel Nunc dimittis che egli è «luce delle genti per la rivelazione e gloria di Israele». Nel tempio il Signore si rivela come dono gratuito, e solo chi attende un dono offerto lo sa riconoscere come consolazione e redenzione.

Conclusione

Anche noi oggi, come Simeone ed Anna, siamo condotti a riconoscere nel Signore che entra nel suo tempio la nostra consolazione e la nostra redenzione, un Dio che si dona e si lascia incontrare unicamente da chi sa accoglierlo. Lo potremo accogliere e donare vivendo l’ascolto, l’obbedienza, il servizio, l’attesa e l’annuncio.

 

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

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