Munera 3/2017 – Andrea Oppo >> L’apocalisse interiore della storia. A cento anni dalla Rivoluzione russa (1917-2017)

Vi sono una serie di piani discontinui che caratterizzano da sempre il mondo russo, tanto da far sembrare l’intera storia di quei popoli come una parabola fatta di elementi che non si agganciano, di occasioni mancate, di domande e risposte che non si incontrano. La Rivoluzione del 1917 è quasi un emblema di questa discontinuità: un evento epico, immenso, drammatico, che segna un passaggio che “doveva accadere”, ma allo stesso tempo – per molti versi – “non voluto”. A un secolo di distanza, sulla mappa della storia intellettuale russa, quella data, 1917, appare tanto simile a un solco profondo, quasi un capolinea che interrompe bruscamente qualcosa, o, se vogliamo, che tutto fa confluire in esso. Se di storia intellettuale si parla, quel solco avrebbe in realtà tante narrazioni e punti di vista quanti sono i singoli protagonisti che vi hanno “inciampato”: poiché, davvero, ogni intellettuale che si è trovato lì ha vissuto quel passaggio a modo proprio, ha reagito come forse non avrebbe previsto e ne ha infine tratto una lezione diversa. Alcuni sono rimasti in Russia e hanno aderito al nuovo corso per libera scelta, pur non condividendo per intero quanto accadeva; altri, potendo farlo, sono emigrati; altri sono venuti a patti; e altri ancora ci hanno creduto completamente, in qualche caso abbandonando i propri personali “patti” fatti in precedenza. Quello “sbarramento”, in quel dato istante, aveva il sapore vero della discontinuità e della storia che interviene: del qui e del là, del prima e del dopo, dell’inganno e della verità.

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