La tecnologia: uno strumento di sviluppo
La tecnologia fa girare il mondo. Nei giorni scorsi un caro amico mi ha ricordato quanto il filosofo Umberto Galimberti ha affermato sulla presenza, o meglio sull’assenza, di Dio: “Dio è morto”, diceva Galimberti reinterpretando Nietzsche, perché non è attorno a lui che gira il nostro mondo. Ciò che regola e controlla il mondo moderno è la tecnica, che mira al proprio autopotenziamento e non al benessere o al miglioramento della condizione umana. Se togliessimo Dio dal Medioevo non riusciremmo a capire nulla di quel che è successo, se lo togliessimo oggi non cambierebbe nulla! Piuttosto l’oggi è dominato dalla tecnologia.
Non ci addentriamo nel tema di fondo espresso dall’autore citato, ma focalizziamo la nostra attenzione sul ruolo che la tecnologia può avere nel sostenere lo sviluppo finanziario ed economico. La tecnologia ha consentito progressi enormi in molti campi, basta pensare alla medicina; allo stesso modo essa ha prodotto effetti dirompenti nei processi produttivi e finanziari. Il primo pensiero ovviamente va alla – drammatica – sostituzione del lavoro umano. Più recentemente tuttavia essa sembra offrire prospettive interessanti nella gestione dei flussi finanziari.
La rapida diffusione del mobile banking. L’utilizzo della tecnologia in ambito bancario infatti sta avanzando a passi rapidissimi, non solo nei paesi sviluppati ma anche e per alcuni aspetti soprattutto – ed è questo quel che vogliamo evidenziare – in quelli emergenti. In particolare, il mobile banking, ovvero l’utilizzo del cellulare per effettuare operazioni bancarie e finanziarie ha mostrato una rapida diffusione ma le modalità di utilizzo mostrano molte differenze in base al reddito, al genere, e al luogo dove l’utilizzatore opera.
Secondo i dati della World Bank, la metà della popolazione mondiale (circa 2,5 miliardi di persone) non dispone di un conto bancario, ma solo il 10% di chi vive nei paesi ad alto reddito non ha un conto rispetto al 59% della popolazione nei paesi emergenti. In questi ultimi inoltre, gli abitanti delle città hanno una probabilità doppia di accedere alla banca rispetto alla popolazione rurale, così come il 46% degli uomini rispetto al 37% delle donne.
Vari fattori possono spiegare la diversità di utilizzo fra paesi sviluppati ed emergenti: i costi che si devono sostenere per aprire e mantenere un conto, l’entità del risparmio, le difficoltà di accesso alla filiale ma anche il grado di diffidenza verso le banche specie nei paesi che in passato hanno subito violente crisi finanziarie.
Non solo banche. Il grado di inclusione finanziaria nei paesi emergenti è cresciuto rapidamente negli ultimi anni grazie al mobile banking ma in particolare all’accesso ai servizi commerciali non bancari da parte delle famiglie. La diffusione della tecnologia è stata sostenuta cioè dall’uso dei cellulari e dalla fiducia dei consumatori verso gli outlets commerciali, che offrono anche servizi di natura finanziaria. Una spinta determinante è stata data dall’utilizzo del digitale per l’identificazione del cliente che riduce i rischi di frode. Anche la regolamentazione pubblica sta facilitando la cooperazione fra operatori mobile-outlets commerciali-compagnie delle carte di credito che – insieme – stanno diventando la principale interfaccia nell’offerta di prodotti finanziari. Così in Kenya, circa il 43% degli adulti che ha dichiarato di usare il cellulare per operazioni finanziarie non dispone di un conto bancario. Il più ampio uso del cellulare per operazioni in denaro si registra nell’Africa Sud-sahariana. La Somalia addirittura, che è fra i paesi con minore diffusione del cellulare, è fra i 3 maggiori utilizzatori del cellulare per i pagamenti e per la ricezione delle rimesse dall’estero (cioè dei soldi inviati dai famigliari che lavorano all’estero).
Il cellulare può contribuire allo sviluppo. Vari studi dimostrano che consentire agli individui di accedere a conti finanziari aumenta il risparmio (che poi può essere utilizzato per obiettivi importanti quali l’istruzione o per necessità sanitarie). Allo stesso modo nelle piccole imprese artigianali, il microcredito (cioè il credito di importo molto basso, concesso senza garanzie, a soggetti vulnerabili, che non hanno accesso agli intermediari finanziari convenzionali) porta ad una maggiore innovazione e alla creazione di posti di lavoro. I vantaggi dell’inclusione finanziaria (si veda il nostro blog “L’inclusione finanziaria: cos’è?”) comprendono l’aumento del PIL e nel contempo uno sviluppo più ampio della persona e della società.
La tecnologia fa cadere molte barriere; essa consente di raggiungere persone che vivono in aree isolate e lontane dai centri abitati, dove i costi di insediamento bancari sarebbero eccessivamente elevati; facilita una maggiore partecipazione delle donne all’economia ed il miglioramento delle loro condizioni.
Anche i paesi evoluti possono “imparare” dagli emergenti. La velocità e i drivers di crescita dell’inclusione finanziaria nei paesi emergenti sembrano mostrare un approccio all’offerta finanziaria più innovativa – o meglio più dinamica e che beneficia dall’essere “nuova”, non richiedendo costi di riadattamento/smantellamento di strutture già esistenti – di quanto si riscontra nei paesi evoluti, dove prevalgono i canali finanziari tradizionali. Più numerose infatti risultano le iniziative di inclusione finanziaria che potrebbero essere diffuse anche nei paesi moderni (dove già le filiali bancarie si vanno gradualmente riducendo di numero), con le necessarie tutele contro i crimini informatici e l’antiriciclaggio, e con benefici anche per gli utenti.