L’Egitto chiede l’aiuto di Don Bosco.


egittoL’attuale fase di stabilità. A metà marzo il Presidente al-Sisi e le autorità egiziane hanno presentato agli investitori internazionali il nuovo piano quadriennale per lo sviluppo economico e degli investimenti in Egitto. Nei prossimi anni sono attese grandi opere (come l’ampliamento del Canale di Suez, la costruzione di nuove strade che portano al Sinai, persino la costruzione di una nuova capitale nel deserto), ingenti investimenti nelle energie rinnovabili, profonde riforme normative e finanziarie.

Il Presidente dell’Egitto, Abd al-Fattah al-Sisi, eletto nel maggio 2014, ha avviato un processo di stabilizzazione interna, ponendo in cima alle sue priorità una strategia di sviluppo economico basata appunto sulla realizzazione di grandi opere pubbliche. Questa strategia fa pensare ai successi del New Deal americano, ma la diffusione dei benefici fra la popolazione non è cosa immediata. In passato anche Hosni Mubarak aveva adottato la stessa politica, con la costruzione della città di Toshka nel deserto, ed i risultati sono stati deludenti.

I benefici degli investimenti devono diffondersi nel paese. La recente stabilizzazione del quadro politico ha favorito una progressiva accelerazione del tasso di crescita dell’economia, passato dall’1,6% nel 2013 al 4,2% stimato nel 2014, ma il deficit del paese ed il livello del debito pubblico sono rimasti molto elevati. Consistente è quindi il fabbisogno di finanziamento, garantito in primo luogo da altri paesi dell’area, dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi e dal Kuwait. L’elevato debito pubblico determina anche un forte effetto di spiazzamento cioè le banche – che sono prevalentemente convenzionali, operano cioè secondo modalità e con strumenti che sono quelli degli intermediari finanziari dei paesi occidentali, mentre la finanza islamica ha un peso molto modesto – acquistano titoli pubblici anziché erogare credito all’economia, specie alle piccole e medie imprese che sono molto numerose nel paese. Esse impiegano gran parte della manodopera e meritano quindi una particolare attenzione nei piani di sviluppo delle autorità governative.

Una popolazione giovane che ha bisogno di lavoro. Il livello del PIL pro capite e il reddito pro capite (attorno a 3.300 USD) è inferiore a quello di altri paesi, confrontabili in termini di fondamentali economici e grado di rischio economico e politico quali il Marocco, ma l’Egitto può contare su maggiori dimensioni e su una più ampia diversificazione della base produttiva. Tuttavia, una grave debolezza del paese è data dalla rigidità e dall’inadeguatezza del mercato del lavoro. La popolazione (circa 90 milioni) è molto giovane (più del 30% ha meno di 15 anni) e la disoccupazione supera il 13%, con elevati rischi di tensioni sociali e pressioni per ulteriori aumenti della spesa pubblica (The Economist, March 21th). Alto è il grado di analfabetismo e molti vivono grazie ai sussidi governativi.

“Abbiamo bisogno di Don Bosco”. Le autorità centrali sono ben consapevoli della rilevanza del problema. A questo proposito, un episodio ci sembra molto significativo, soprattutto perché espresso in un contesto dedicato all’economia (e da un paese islamico), con la sorpresa di molti:  nel corso di un recente convegno tenuto qui a Milano dove politici, operatori e imprenditori italiani si sono confrontati sulle prospettive di sviluppo dell’Egitto, un esponente di una banca europea attiva nel paese ha riferito che il primo ministro egiziano ha chiesto fra i prodotti e i servizi che l’Italia può esportare: “Qui in Egitto noi abbiamo bisogno di don Bosco”.

In un contesto dedicato al business, potevano essere riportati importanti investimenti, progetti… invece il Ministro ha chiesto quello che sta alla base dell’attività economica (e sociale) futura del paese: la formazione umana e professionale dei suoi ragazzi.

Molto rimane da fare. Il paese rimane attraversato da gravi problematiche politiche e socio-economiche, e sono necessarie profonde riforme, ma non mancano segnali che fanno sperare nella capacità del paese di consentire uno sviluppo diffuso ed ordinato, che porti al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione tutta.

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