Il card. Mueller sulla messa tridentina: quale pensiero cattolico?


In una intervista rilasciata a Il Giornale, del 6 ottobre, il Card. Mueller ha risposto a due domande intorno alla questione della “messa tridentina”. Iniziamo con il considerare le sue parole, esattamente come riportate dal quotidiano:

«Papa Leone XIV ha detto di aver già ricevuto diverse lettere sul tema della Santa Messa tradizionale. Pensa che sia necessario intervenire su questo tema?

Partiamo dal fatto che ci sono diversi riti, tra questi anche il rito latino, il più diffuso. I padri del Concilio Vaticano II hanno deciso non di cambiare la Messa, ma solo di cambiare un po’ i riti per facilitare la partecipazione attiva dei fedeli. Ci sono alcuni però che hanno avuto delle riserve sulla forma liturgica, sono rimasti con il rito latino com’era fino al 1962. Alcuni di questi cosiddetti tradizionalisti dicono che solo questa forma è valida. Questo non lo possiamo accettare, si deve trovare una soluzione più pragmatica e di tolleranza. Dobbiamo trovare una soluzione sulla base del pensiero cattolico, che distingue tra la sostanza dei sacramenti e i riti parzialmente mutevoli.

Cosa pensa a tal proposito?

Che la questione non si possa risolvere con autoritarismo. Serve una mediazione: tutte e due le parti devono muoversi un po’ l’una verso l’altra. Serve una riflessione chiara, teologica e non solo politica.»



Se esaminiamo le due risposte possiamo notare alcuni punti su cui è interessante soffermarsi con una breve riflessione. Li presento uno per uno, sottolineando le parole su cui si può convenire, e quelle che invece restano problematiche.

a) La ricostruzione della questione mi pare abbastanza accurata, per quanto descritta in modo un poco sommario, come forse è inevitabile in una breve intervista. E’ vero che ci sono “diversi riti” e che i Padri conciliari hanno deciso di riformare l’ordo missae. Non si tratta di “cambiare messa”, questo non è mai stato in discussione; ma neppure si tratta soltanto di “cambiare un po’ i riti” per facilitare la partecipazione attiva. Certamente la partecipazione attiva è il vero obiettivo della riforma liturgica, ma non si tratta semplicemente di “aggustamenti marginali”, ma di una comprensione più profonda del fatto che la partecipazione di tutti i fedeli è costitutiva dell’atto sacramentale eucaristico. Qui, mi pare, Mueller perde di vista la questione liturgica come questione non semplicemente cerimoniale, ma teologica.

b) Molto importante, mi pare, è anche la ricostruzione della posizione che non accetta la riforma liturgica: mi pare una sintesi onesta. Coloro che pretendono di celebrare con il rito preconciliare, perché non accettano la riforma conciliare, non possono pretendere una autorizzazione da Roma. La loro negazione non è, infatti, semplicemente liturgica, ma ecclesiologica e istituzionale.

c) La via per risolvere la questione, almeno nella prima risposta, viene definita «più pragmatica e di tolleranza». Il giornalista perde qui la occasione per chiedere al cardinale quale sia il “secondo termine di paragone” rispetto al comparativo che egli ha usato: più pragmatica rispetto a che cosa? Forse rispetto all’assetto guadagnato dalla questione con il MP Traditionis custodes, che risulterebbe, in questo caso, poco pragmatico e meno tollerante? La intenzione del cardinale non è chiara, almeno stando alle parole scritte come prima risposta. Ma c’è una seconda domanda, in cui al cardinale viene chiesto una opinione personale sul tema.

d) Proprio la seconda risposta non getta maggiore luce sul dubbio scaturito dalla prima. Semmai aumenta il livello della perplessità. Anzitutto viene dichiarato che la soluzione non può essere l’autoritarismo. Anche qui si potrebbe immaginare che Mueller consideri “autoritaria” la soluzione proposta da TC, rispetto alla quale chiederebbe una mediazione, un movimento di avvicinamento “tra le parti”, ossia tra chi afferma la riforma liturgica e chi la nega: è questo che intende Mueller?

e) Tuttavia, alla fine, la sua dichiarazione si fa ancora più oscura. Perché il cardinale dice di propendere per una soluzione “chiara, teologica, non politica”. Da un lato auspica una mediazione (che di solito avviene con prudenza politica), ma dall’altro occorre una soluzione teologica e non politica. Qui le cose non tornano. Se aggiungiamo anche la conclusione che Mueller aveva dato alla sua prima risposta, quando aveva richiamato

una soluzione sulla base del pensiero cattolico, che distingue tra la sostanza dei sacramenti e i riti parzialmente mutevoli.”

restiamo piuttosto confusi. La chiamata in causa del “pensiero cattolico”, qui caratterizzato dalla distinzione tra “sostanza dei sacramenti” e “riti mutevoli” non mi pare che colga il nocciolo della questione. Questo lo dico proprio a causa del fatto che il Concilio Vaticano II, qualificando la propria riforma della messa, non ha utilizzato questo criterio che distingue la sostanza del sacramento dalle cerimonie rituali che la conterrebbero. Se si utilizzasse questo criterio, suggerito dal cardinale, non si capirebbero più le parole con cui il Concilio suggerisce esplicitamente, ad es., una maggiore ricchezza biblica come punto essenziale della riforma. Dal punto di vista classico, la ricchezza o povertà della parola annunciata non ha alcuna incidenza sul significato teologico della celebrazione. Lo stesso vale per la lingua volgare, per le diverse preghiere eucaristiche, per la forma del rito di comunione o per la presenza o assenza della omelia. Il fatto che tutto questo possa essere giudicato come ininfluente, come rito mutevole, rischia di essere uno stratagemma per svuotare di senso la riforma liturgica. In questo caso il “pensiero cattolico”, se fosse ridotto a questa distinzione, sarebbe solo un “pensiero cattolico vecchio e distorto”.

Viceversa, sarei molto contento se il cardinale riconoscesse che un pensiero chiaro e teologico, non politico, è proprio quello che abbiamo letto in TC. La chiarezza teologica di quel testo mi sembra incontestabile: nemmeno Mueller lo contesta. I nemici di quel testo di solito lo presentano come un “atto arbitrario” di papa Francesco. Ma questa è propaganda senza teologia: qui si fa politica, non si riflette. Per questo non credo che il card. Mueller, quando esclude una soluzione autoritaria, voglia riferirsi a questo.

Forse sarebbe utile riflettere sul fatto, che a molti sembrerà paradossale, che era stato proprio il MP Summorum Pontificum un atto di arbitraria imposizione del rito tridentino come “forma straordinaria” del rito romano. In questo intervento del 2007 vedo autoritarismo, mentre TC, nel 2021, è tornato alla tradizione più autorevole e ha evitato ogni autoritarismo. Ma forse qui Mueller è di parere diverso, anche se non lo spiega teologicamente.

Un’ultima idea, tra quelle espresse, mi sembra però da conservare. Occorre una mediazione. Su questo tutti coloro che hanno a cuore la pace nella chiesa non possono avere dubbi. Il problema è però quale sia l’oggetto di questa mediazione. Se la lex orandi è solo una, come dice tutta la tradizione, salvo l’arbitraria introduzione di un parallelismo tra il 2007 e il 2021, lo spazio di una vera e utile mediazione sta proprio nel modo con cui il rito frutto della riforma conciliare, unico vigente, prende concreta figura, viene celebrato, assume forma rituale. Su questo la mediazione è del tutto necessaria. Se coloro che oggi si stracciano le vesti per ottenere “concessioni” da papa Leone, lavorassero invece per dare tono spirituale, forma rituale, cura del silenzio, gusto del canto, nell’unico rito comune, farebbero un servizio a tutti e forse anzitutto a se stessi. Lasciarsi unire dall’unica forma rituale comune a tutti i cattolici romani, portando in questa forma ogni sensibilità, mi sembrerebbe la cosa più bella. Persino gli amanti del latino, in questo caso, non dovrebbero inventarsi un’altra chiesa per poter celebrare nella lingua tanto amata. Purché lo facessero sul medesimo ordo di chi parla italiano, francese o tedesco. La forma tridentina non ha più autorità ecclesiale, perché, per ordine di un Concilio ecumenico, è stata tradotta in nuovo ordo. Questa è la soluzione che sta davanti a tutti, in attesa di un atto comune di buona volontà, sempre da parte di tutti. Questo sarebbe il vero stile cattolico, chiaro e teologico, di cui ci si dovrebbe rallegrare.

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