«All’origine delle cure palliative, che si sono sviluppate in Italia a partire dagli anni ’80 del secolo scorso […], sta la consapevolezza della necessità di una vera rivoluzione culturale in ambito sanitario. Il consistente prolungamento dell’età media di vita, con un forte incremento della popolazione anziana […], ha notevolmente accresciuto il numero di malati terminali, spingendo all’assunzione di opposti (e scorretti) comportamenti, quello dell’accanimento terapeutico o quello dell’abbandono. Il superamento di questo grave e pericoloso dilemma va rintracciato nell’adesione a una tipologia di cura che non si propone di guarire sottoponendo il paziente a interventi invasivi e del tutto inutili […] ma si rapporta in misura proporzionata alla sua situazione, prestando attenzione alla peculiarità e alla globalità del suo vissuto personale e ricuperando a tutti i livelli la dimensione relazionale, nonché sostenendo sul piano psicologico, morale e spirituale la sua persona. È evidente – e Mirabella lo mette bene in luce – che tutto ciò suppone […] un concetto di salute non riducibile alla semplice terapia fisica e la restituzione di significato alla sofferenza e alla morte, facendole uscire dallo stato di rimozione ed evitando di assumere nei loro confronti comportamenti ispirati o a una accettazione passiva o alla presunzione di poterle radicalmente sconfiggere» (dalla
Prefazione di Giannino Piana).
Informazioni sull'autore
Paolo Mirabella è docente di Fondamenti etici, filosofici e teologici all’Istituto Universitario Salesiano di Torino (IUSTO) – Università Pontificia Salesiana e di Bioetica all’Università Cattolica Sezione “Cottolengo” – Torino e Moncrivello (VC). Insegna Metodologia didattica IRC all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Fossano ed è membro della redazione scientifica della rivista Archivi Teologici Torinesi. Ha recentemente pubblicato Il dovere dei diritti (Effatà 2018)