Giornale dell'Umbria - 04.01.2006
di
Ruggero Ranieri
E’uscito in libreria l’ultimo libro di Alessandro Campi, che raccoglie gli editoriali pubblicati il sabato sul “Giornale dell’Umbria
I TANTI VOLTI DELL’UMBRIA
Una critica al modello umbro fondato dalla sinistra
Il titolo dell’ultimo libro di Alessandro Campi, “Una certa idea dell’Umbria – cronache scettiche dal ‘cuore rosso’ d’Italia” (Morlacchi editore, Perugia, 2005, pp. 316, Euro 13,00) riflette solo in parte i suoi contenuti. Infatti Campi è tutt’altro che uno scettico. La sua personalità, oltre che molto avvertita e con interessi a 360 gradi, emerge come appassionata e polemica. Né le pagine del libro sono soltanto ‘cronache’; piuttosto sono analisi, denunce e invocazioni.
Il libro raccoglie, tematizzandoli, articoli quasi tutti usciti su questo giornale, a partire dalla fine del 2003 fino all’estate del 2005. La loro lettura è consigliata anche a coloro che hanno seguito settimanalmente la colonna di Campi. Infatti i suoi scritti non sono mai semplicemente d’occasione; sono piuttosto brevi saggi, che letti insieme da una parte offrono una interessante finestra su due anni di dibattito politico-culturale, dall’altra permettono di leggere controluce alcuni concetti di fondo che ispirano questo autorevole opinionista.
Gli articoli sono raggruppati in sette sezioni. La prima, “C’era una volta Perugia” è legata al dibattito sulle questioni cittadine: dal ruolo che potrebbero svolgere, e invece non svolgono, le istituzioni culturali a partire dalla due Università, alla perdita di identità della borghesia, pur così ricca di un passato di partecipazione pubblica. La seconda sezione allarga la riflessione al “modello umbro” e contiene una critica stringente al sistema dominato ormai da decenni dalla sinistra (ma meglio sarebbe dire dal PCI e dai suoi eredi) – sistema che si traduce concretamente nel dominio di una classe politico-partitocratica che soffoca la autonomia e la vitalità della società civile, imbriglia la vitalità economica dell’Umbria in uno statico e vecchio dirigismo fondato sulla concertazione spartitoria all’insegna di un anti-capitalismo buonista, sornione e “politicamente corretto”. Lo stesso tema è ripreso da Campi, da un’altra angolatura, nella sezione del libro dedicata al centro-destra umbro, dal titolo significativo “L’eterna opposizione”. Campi ne mette in luce l’incapacità a proporre un progetto e una strategia credibili, a stabilire un dialogo con settori della società tendenzialmente disponibili, quali il mondo imprenditoriale o quello cattolico, a formare una classe dirigente alternativa. La costatazione di Campi è particolarmente amara: da simpatizzante del centro-destra egli vorrebbe accompagnarne il risveglio; ma a ogni passo promettente (per esempio la candidatura, invero alquanto formale, di Carla Spagnoli alle regionali 2005) segue l’immancabile ricaduta nella bassa cucina politica, o peggio (vedi Assisi) nella vera e propria capitolazione. Avrete del resto capito che Campi, con caparbia e franca passione, non risparmia nessuno: amici, nemici, simpatizzanti, “terze forze”, riformisti di vario tenore - tutti cadono sotto la sua penna vigile, sferzante, mai, però, cattiva.
Due sezioni del libro sono dedicate al dibattito culturale, a temi che vanno dal mancato pluralismo di edizioni passate di “Umbria Libri”, alla vera o presunta ‘egemonia culturale’ della sinistra, alle interpretazioni della Resistenza e della Liberazione. La sezione che ho trovato più stimolante è quella dal titolo “Figure e Ritratti”, una serie di medaglioni di personaggi legati a Perugia e all’Umbria, che meritano di essere riproposti o meglio conosciuti, perché personalità fuori dagli schemi, o semplicemente esclusi dal Pantheon ideologico della storiografia ufficiale. Parlando di Valitutti, Prezzolini, Ranieri di Sorbelo, Fisichella o - per fare un passo all’indietro nella cultura umanistica del Quattrocento -dello spoletino-napoletano Giovanni Pontano, Campi dà il meglio di sé, in quanto la sua vis polemica si fa guidare dalle sue ottime competenze di studioso del pensiero politico. L’ultima sezione del libro, dedicata a temi del dibattito politico italiano, è forse la più caduca, in quanto molto dei temi discussi (vedi per esempio il partito unico del centro-destra) sono apparsi e scomparsi rapidamente come delle meteore. La lettura di queste pagine è comunque utile per capire gli orientamenti e i presupposti dell’autore.
Per un commento finale vorrei partire proprio dalla personalità dell’autore, come emerge da questo volume. Premesso che sono d’accordo con quasi tutte le sue analisi e che condivido le sue battaglie, dove sta la forza e il valore aggiunto della presenza di Campi nel nostro panorama culturale? Sta, a mio giudizio, in due aspetti, legati alla sua storia e formazione. Calabrese di origine, egli è venuto a Perugia come studente universitario, per poi trasferirvisi a pieno titolo come docente universitario. Verso la sua città d’adozione egli mostra rispetto, adesione, anche passione, e però anche lo sguardo disincantato e intrasigente di chi viene da fuori. Egli, per esempio, sente il forte richiamo delle tradizioni della nostra Università, e nello stesso tempo è in grado, meglio di altri, di leggerne l’attuale ripiegamento e declino. E’ proprio questo che lo salva, al di là del titolo del volume, da quello scetticismo rassegnato e ombroso di cui cui soffrono molti perugini di nascita. Il secondo punto originale di Campi è il suo essere intellettuale di destra e cioè di provenire dalla famiglia politica che possiamo identificare come “post-fascista”, che in lui si è tradotta, attraverso un processo di riflessione sui problemi e i concetti di una moderna democrazia, in una forma di nazionalismo liberale, con venature modernizzatrici. Questo processo intellettuale di Campi è tanto più interessante e importante perché teso a rimettere in movimento un filone culturale che si era a lungo autoescluso in un esilio rancoroso e in una anti-storica opposizione alle conquiste della moderna democrazia liberale, di matrice occidentale. Mi domando se per capire l’attuale debolezza e perdurante isolamento di tante forze borghesi in Umbria, Campi non dovrebbe gettare uno sguardo anche alla sua destra, per vedere se non vi perdurino grumi di settarismo ideologico da combattere e criticare. Ciò detto, concordo pienamente con lui, che è essenziale la collaborazione fattiva fra vari filoni culturali – di matrice nazionalista, liberal-democratica, cattolica, ambientalista, riformista – perché si allarghi in Umbria lo spazio di dibattito pubblico e si possa uscire dalla rassegnazione.