Una Madre non nega la benedizione: “vigilare” sulle parole con il Card. Schoenborn
I pastori devono vigilare sulle parole: questo è una loro antichissima prerogativa. Ma la prima parola su cui occorre vigilare è proprio il termine “vigilare”, che spesso usiamo in senso riduttivo e capovolto. La “vigilanza” sovente viene chiusa nel timore di un male imprevisto, al quale far frontein anticipo. E certo la vita degli uomini, come anche quella della Chiesa, è segnata anche da questa dura esperienza. Ma il riferimento alla vigilanza, nel Vangelo, è anzitutto un grande simbolo della attesa del Signore che viene, che irrompe, che sorprende: le vergini sagge vigilano perché il Signore viene di notte, quando meno te lo aspetti, e viene “come un ladro”. Ecco allora il compito della “vigilanza sulle parole”: solo se si lascia alle parole la loro piena ricchezza, è possibile farne uso per annunciare il Signore che viene in mezzo agli uomini, anche contro le loro attese.
Credo che questo potrebbe essere il modo più corretto per intendere le parole con cui il Card. Schoenborn, Arcivescovo di Vienna, ha risposto alle domande sul recente “responsum” a proposito della benedizione alle coppie dello stesso sesso. In sintesi la vigilanza sulle parole ha permesso al Cardinale di operare tre preziose distinzioni, su cui da alcuni giorni si è creata una forte confusione, a seguito della pubblicazione del testo della Congregazione. Vediamo brevemente queste tre fini e decisive distinzioni:
a) La benedizione non è la approvazione ecclesiale ad un determinato comportamento, ma la richiesta di protezione e di aiuto dall’alto. Questa è la prima distinzione, che riguarda l’atto stesso del benedire, che non è anzitutto da intendersi come un “potere di ordine pubblico che regolarizza le vite dei soggetti”, ma come una “invocazione perché Dio protegga e aiuti le vite dei soggetti”.
b) La benedizione non è un sacramento e quindi non si confonde con il matrimonio. Ma il sì al matrimonio, e alla sua logica di amore, di generazione e di strutturazione sociale non implica necessariamente il no alle altre forme di unione, che con i loro limiti realizzano pur sempre dimensioni di bene.
c) La Chiesa è forma pedagogica di vita, certamente, ma anche consolazione e apertura ad ogni vita che cammini verso il bene. In questo senso resta sempre oltre che Maestra, anche Madre. E una Madre non può mai negare la benedizione ai figli.
Questa triplice distinzione, del senso della parola benedizione, del suo rapporto di differenza rispetto al sacramento e della differenza tra Chiesa Maestra e Chiesa Madre permette di dire, al Cardinale, di “non essere contento” per un testo che, al di là delle intenzioni con cui è stato scritto, ha ferito molti uomini e donne. Una migliore vigilanza sulle parole è la via con cui è possibile salvaguardare una tradizione più ricca e accogliente di quanto ordinariamente lasciamo intendere, talora anche a noi stessi. Un cardinale, che conosce la teologia, ha vigilato sulle parole e ha ripetuto l’antico gesto della sapienza ecclesiale, che sa bene come “qualche volta occorre affermare, altre volte negare, ma sempre occorre distinguere”.
È vero la benedizione è un dono dall’alto e non un attestato di buona condotta. Gesù è venuto con amore e per amore e non per la nostra bravura. Detto questo la bene dizione implica lo sguardo di Dio che va ben oltre schemetti di corto respiro e comprende il cammino autentico delle persone e anche le aiuta a comprendere con serenità e fiducia sé stesse. Le aiuta al tempo opportuno con delicatezza ad aprire il cuore con sana gradualità. Dunque le aiuta a tendenzialmente non vivere meno ma neanche forzosamente di più di ciò che la grazia ricevuta permette loro di vivere in una certa tappa della loro vita. Dunque abbandonandosi a Dio che le fa crescere con amore e sapienza invece di salvarsi da sole a causa di un’educazione moralista ricevuta e quindi spesso senza colpa di nessuno ma per una mentalità da cui Gesù ci viene a liberare.
https://gpcentofanti.altervista.org/le-risposte-spirituali-e-umane-anche-psicologiche-di-cui-ciascuno-ha-bisogno/
Caro Andrea,
non ho letto il commento di Card. Schoenborn. Inceve ho letto Il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede. A mio avviso, mi sembra chiaro, semplice e davvero molto vigile la posizione della CDF. Si può benedire l’uomo ma non il peccato, indifferentemete di quale peccato si tratta. Mi sembra cosi semplice. Peccatto per tutte queste complicazioni.
Vasile
Caro Vasile
Leggi il testo di Schoenborn, ti aiuterà a capire che la realtà non è semplice come credi. E che pensando come tu proponi non solo non si capisce, ma si ferisce il prossimo. Ti saluto
Il punto a) merita una profonda riflessione, lo stesso Cardinale dice “se qualcuno per strada mi ferma per una Benedizione, io lo benedico senza fare troppe domande”. Ecco, benedire come atto che dica che la Chiesa è vicina agli altri soprattutto nel peccato. Come Gesù.