Papa Francesco: la identità del cittadino dentro la storia di un popolo


Copertina di 'Noi come cittadini noi come popolo'
E’ appena uscita la traduzione di una densa relazione dell’Arcivescovo Bergoglio risalente a due anni fa
J.M.Bergoglio/Papa Francesco, Noi come cittadini noi come popolo. Verso un bicentenario in giustizia e solidarietà 2010-2016, Milano-Città del Vaticano, Jaca Book – Editrice Vaticana, 2013.
Il testo propone alcune riflessioni sul rapporto tra identità del cittadino e appartenenza ad un popolo. E’ un discorso molto appassionato, molto “laico”, molto lucido. Sorprende per forza e per determinazione. Neppure sarebbe impossibile leggere le cose che qui Bergoglio dice della Argentina, mutatis mutandis, riferendole all’Italia, in questo passaggio storico e istituzionale così delicato. Con una preghiera finale di rara semplicità e intensità.

Eccone alcune frasi significative:
J.M.Bergoglio incomincia analizzando le condizioni in cui la nazione Argentina, la sua “patria bambina”, arriva al suo duecentesimo anniversario.  E sottolinea:
“In questo inventario non possono prevalere visioni decandentiste, che vedono la realtà come un continuo degrado a partire da un paradiso perduto, né acritiche visioni trionfaliste, che eludono le problematiche che dobbiamo ancora risolvere. Abbiamo bisogno di un’analisi serena, meditata, profonda, di dove siamo e verso dove ci proponiamo di andare”  (27)
“Oggi esiste una tendenza,  sempre più accentuata, ad esaltare l’individuo. E’ il primato dell’individuo e dei suoi diritti sulla dimensione che vede l’uomo come un essere in relazione. E’ l’individualizzazione autoreferenziale. (…) Di fronte  agli impegni socio-politici attuali, dobbiamo fare lo sforzo di  recuperare questa dimensione individuale, personale – importantissima e significativamente rilevante nella nostra tradizione di pensiero – per farla interagire con la dimensione sociale, collettiva e strutturale della vita comunitaria” (36)
 “Cittadini è una categoria logica. Popolo è una categoria storica e mitica. Viviamo in società e questo tutti lo capiamo e lo esplicitiamo logicamente. Popolo non può spiegarsi solo in maniera logica. Contiene un plus di significato che ci sfugge se non ricorriamo ad altri modi di comprensione, ad altre logiche ed ermeneutiche” (37)
“Ci si impone  il compito di guardare al nostro passato con più affetto, con altre chiavi di lettura e altri ancoraggi, recuperando quello che ci aiuta a vivere insieme, quello che ci dà forza, quegli elementi  che possono offrirci piste per far crescere e consolidare una cultura dell’incontro e un orizzonte utopico condiviso” (39)
“Cittadino non è il soggetto preso individualmente, come lo presentavano i liberali classici (…). Per formare comunità ciascuno ha un munus,  un ufficio, un compito, un obbligo, un darsi, un impegnarsi, un dedicarsi agli altri” (43)
“Non basta l’appartenenza alla società per essere pienamente cittadino (…); la persona sociale acquisisce la sua piena identità di cittadino nell’appartenenza a un popolo. Questa è la chiave, perché identità è appartenenza. Non c’è identità senza appartenenza. La sfida della identità di una persona come cittadino è direttamente proporzionale al modo in cui essa vive questa sua appartenenza. A chi? Al popolo dal quale nasce e nel quale vive” (45)
Alla sfida che l’Argentina si trova a vivere P. Bergoglio vuole rispondere guardando lontano:
“Proporrei quattro principi fondamentali: il tempo è superiore allo spazio; l’unità è superiore al conflitto; la realtà è superiore all’’dea; il tutto è superiore alla parte””(59)
Per attuare questi 4 principi la vita di un popolo deve entrare in tre tensioni bipolari che “se utilizzate in maniera matura, aiutano a risolvere la sfida di essere cittadini, l’appartenenza logica a una società  e la dipendenza storico-mitica da un popolo. Esse sono: pienezza e limite, idea e realtà, globale e locale” (59)
“Essere cittadini significa essere convocati per una scelta, chiamati a una lotta, a questa lotta di appartenenza a una società e a un popolo. Smettere di essere mucchio, di essere gente massificata, per essere persone, per essere società, per essere popolo. Questo presuppone una lotta. Nella giusta risoluzione di queste tensioni bipolari c’è lotta, c’è una costruzione agonica. La lotta ha due nemici: il “menefreghismo”, mi lavo le mani davanti al problema e non faccio niente, ma così non sono cittadino. O la lamentela, quello che Gesù diceva alla gente del suo tempo: non li capisco. Sono come i fanciulli che quando suoniamo danze allegre non ballano e quando cantiamo lamenti funebri non piangono. Vivono lamentandosi. Fanno della loro vita una continua palinodia” (69)
“PREGHIERA PER LA PATRIA 
Gesù Cristo, Signore della storia, abbiamo bisogno di te.
Ci sentiamo feriti e oppressi.
Abbiamo bisogno del tuo conforto e della tua forza.
Vogliamo essere nazione,
una nazione la cui identità
sia la passione per la verità
e l’impegno per il bene comune.
Dacci il coraggio della libertà
dei figli di Dio
per amare tutti senza escludere nessuno,
privilegiando i poveri
e perdonando quelli che ci offendono,
rifiutando l’odio e costruendo la pace.
Concedici la saggezza del dialogo
e la gioia della speranza che non delude.
Tu ci convochi. Siamo qui, Signore,
vicina a Maria, che da Lujàn ci dice:
Argentina! Canta e cammina!
Gesù Cristo, Signore della storia, abbiamo bisogno di te.
Amen” (93)
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