Pandemia e persone con disabilità: commento ad un testo del magistero (di Anna Peiretti)


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A giugno l’Accademia per la Vita ha pubblicato un testo sulla “amicizia con le persone con disabilità” che si può leggere qui. Si tratta di un testo ricco e importante, che merita attenzione. Ho chiesto ad Anna Peiretti – che è Responsabile per la Fondazione Paideia di Torino del Progetto “Libri per tutti” – di reagire al documento. La ringrazio per aver contribuito e propongo qui il suo testo.

 Le categorie per incontrare le persone disabili

di Anna Peiretti

«L’amicizia con le persone con disabilità: l’inizio di un nuovo mondo. Imparare dalle esperienze delle persone con disabilità e dei loro caregivers durante la pandemia da Covid-19» è il titolo della Nota della Pontificia Accademia per la Vita, pubblicata il 14 giugno 2021. Il documento nasce dall’analisi dell’impatto spropositato che il Covid 19 ha avuto sulle persone con disabilità, già le più fragili, per presentare l’urgenza e la necessità di un confronto su alcune questioni etiche fondamentali. Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità (3 dicembre 2020) aveva espresso con parole lucide la situazione: “L’attuale pandemia ha ulteriormente evidenziato le disparità e le disuguaglianze diffuse nel nostro tempo, in particolare a scapito dei più vulnerabili. Il virus, pur non facendo distinzione tra le persone, ha trovato, nel suo percorso devastante, grandi disuguaglianze e discriminazioni. E le ha solo peggiorate”.

Il tema del bene comune diventa centrale in questo nostro tempo di pandemia, come orizzonte in cui riconoscere pari dignità e valore della persona con disabilità. La riflessione si spinge dunque sull’identità unica e originale di ogni essere umano, quale sia la sua fragilità.

Il modello suggerito da questo testo del magistero sulla disabilità è fondato sulla partecipazione; interessante, perché dato comune a tutti pronunciamenti legislativi europei in materia di inclusione, oltre che ricorrente in più passaggi nell’Agenda 2030 (https://unric.org/it/agenda-2030/).

Nella Nota c’è il richiamo ad un modello di assistenza sanitaria incentrata sulla persona, ma si esprime anche l’auspicio che le persone con disabilità siano coinvolte il più possibile nel processo di pianificazione e deliberazione in merito alla loro assistenza sanitaria. L’inclusione dunque, anche nella visione della Chiesa, comincia con un “movimento dal basso”, per immaginare e progettare spazi e tempi in cui mettersi in ascolto della voce dei più deboli, per promuovere l’abbattimento agli ostacoli alla partecipazione di tutti. Soltanto accogliendo questo invito ci renderemmo conto di grandi possibilità di creatività pastorale!

La Nota richiama poi alla consapevolezza che “ogni essere umano è composto da una miriade di aspetti biologici, psicologici, ambientali, sociali e spirituali, ciascuno collegato all’altro. Nessun essere umano è riducibile a una parte o a una funzione del suo essere”. Il messaggio è chiaro; una persona con disabilità non esaurisce la sua identità nella sua malattia, nella sua menomazione. Il richiamo a considerare dunque la persona nella sua globalità deve indurci a mettere in discussione le classificazioni che spesso utilizziamo per identificare il diverso. Auspico che nasca un confronto vivo nella Chiesa perché, prima di pensare a strategie assistenzialiste, ci si interroghi sulle parole e sulle categorie con cui riconosciamo la persona con disabilità. Le azioni saranno, di conseguenza, buone ed efficaci. Solo in seguito, non senza aver considerato quale sguardo possiamo sulla persona con disabilità, la Nota richiama alla equità nell’assistenza sanitaria e ad altre azioni di supporto.

Colpisce che la Nota dedichi alcune righe ad argomentare il falso pregiudizio per cui la disabilità sia stata identificata come una conseguenza del peccato originale. Avrei preferito non trovar traccia, ancora, a Genesi 3,7-25, o Genesi 1,31; avrei accolto una mancata argomentazione in merito al pregiudizio (la disabilità come colpa) come segno di una teologia ormai matura.

Apprezzo che la Nota dunque si sviluppi a partire dal bisogno di una riflessione antropologica, per poi elencare una serie di raccomandazioni pratiche per una politica della salute pubblica e di vigilanza su azioni e strumenti non discriminatori per la persona (si veda il punto 5 della Nota).

In conclusione, questo tempo provoca tutte le persone di fede a riconoscere la dignità della persona con disabilità, più esposta all’imprevedibile e alla debolezza, nella comunità. Sollecita a riconoscerne il valore per il bene comune. Il peso della pandemia e dei suoi effetti appare un forte richiamo a custodire la bontà e la bellezza della umana fragilità, del limite, della debolezza che tutti accomuna. È tempo di compiere un passo ancora nella costruzione di un mondo migliore, un mondo in cui le persone con disabilità siano sempre apprezzate, trattate con amicizia e amate.

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