L’inclusione finanziaria: cos’è?


Il concetto di per sé è molto semplice: si riferisce alla possibilità di accedere ai servizi finanziari e quindi in primo luogo ad avere un conto corrente bancario. La valutazione delle concrete possibilità di accesso ai servizi finanziari e dell’effettivo grado di diffusione non è però semplicissima. Già l’individuazione dell’intermediario che offre servizi finanziari può non essere immediata: si va diffondendo sempre più infatti sia nei paesi con economie più avanzate sia in quelli emergenti il cosiddetto shadow banking (cioè l’attività bancaria “ombra” svolta da soggetti non bancari) che comporta non pochi problemi di vigilanza e stabilità dei sistemi finanziari (urgenti soprattutto in Cina). Ma l’esame dell’inclusione finanziaria porta a riflettere anche sul grado di intermediazione e di sviluppo finanziario di un paese. La crisi economica che ancora ci attanaglia ha comportato una diminuzione degli indici di bancarizzazione (cioè i dati che misurano l’incidenza delle attività finanziarie sull’attività economica, il PIL) nell’Europa matura, e in misura notevole nei paesi dell’Est Europa. In Italia il Totale attivo bancario/PIL è sceso di circa 10 punti percentuali fra il 2012 e il 2013, al 170%. Va da sé che non vi è un rapporto ottimale, cioè un numero magico, valido per tutti i paesi nel mondo, tanto da poter individuare un percorso di crescita “consigliato”, ma è indubbio che un adeguato grado di sviluppo finanziario comporta migliori standard di vita. Ciò è legato ad una delle principali funzioni che gli intermediari finanziari svolgono ossia quella di favorire il passaggio di risorse finanziarie dai settori che hanno disponibilità finanziarie in eccesso e quelli invece che si trovano in condizioni di carenza di risorse. Non si tratta di una mera attività di scambio, poiché essa stessa favorisce l’utilizzo produttivo delle risorse disponibili (il denaro non rimane cioè nascosto nel materasso, ma entra in circolazione a beneficio di tutti).

Nella  4^ Convention sulla Povertà organizzata dalla Commissione Europea, a Bruxelles a fine novembre, è stata dedicata particolare attenzione al tema, poiché anche in Europa ancora oggi un cittadino su 10 non ha un conto corrente bancario. L’inclusione finanziaria gioca un ruolo fondamentale nella lotta alla povertà, nella riduzione delle disparità e nella crescita economica. L’esclusione finanziaria colpisce alcune persone più di altre (le persone con reddito basso, disoccupati, genitori soli con figli o individui impossibilitati a lavorare per malattia o disabilità), ma dipende anche – in misura crescente data la diffusione del mobile banking  – dal grado di conoscenza dei servizi finanziari disponibili.

Varie iniziative sono state prese a livello nazionale e internazionale per favorire l’educazione finanziaria specie fra i giovani, ma resta ancora molto da fare. Per poter essere efficace, occorre che venga seguito un approccio integrato che consideri sia l’educazione finanziaria, sia la consulenza sia l’intermediazione dove tutte le parti coinvolte possano lavorare insieme (banche, autorità pubbliche, organizzazioni private, associazioni dei consumatori).

Finanza sì, ma non troppa. La cultura finanziaria è indispensabile non solo per favorire l’accesso ai servizi finanziari, ma anche all’opposto per evitare situazioni di sovra-indebitamento. L’eccessivo indebitamento costituisce infatti un fattore di grande debolezza in vari paesi europei, come ad esempio in Ungheria, dove le famiglie negli anni precedenti alla crisi si sono fortemente indebitate in valuta estera, soprattutto in euro, ma hanno dovuto poi far fronte ad un pesante deprezzamento del cambio. In Italia, dove la propensione al risparmio è storicamente elevata,  il settore privato risulta meno indebitato rispetto agli altri paesi europei, ed ora i bassi tassi di interesse contribuiscono a mantenere contenuta la vulnerabilità delle famiglie indebitate (si veda l’ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia).

Il pensiero corre inevitabilmente alla qualità della finanza, ma questa è un’altra storia.

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