Dove dimori?


II Domenica del Tempo ordinario – B

1Sam 3,3-10.19  Sal 39  1Cor 6,13-15.17-20  Gv 1,35-42

 

 Introduzione

Nella II Domenica del Tempo ordinario siamo ancora nel clima della manifestazione del Signore, che abbiamo celebrato nella Solennità dell’Epifania e nella Festa del Battesimo del Signore. In tutti e tre i cicli liturgici il brano evangelico riprende il tema della manifestazione, sottolineato in modo particolare nell’anno C con la lettura del racconto delle nozze di Cana (Gv 2,1-11) che la tradizione liturgica lega in modo particolare alla solennità dell’Epifania, come emerge bene dai testi della liturgia delle ore. In tutti e tre i cicli liturgici non si proclama un brano del vangelo dell’anno, ma un testo del Vangeli di Giovanni.

Nell’anno B il brano evangelico (Gv 1,35-42) è il racconto della chiamata dei primi discepoli, che accolgono l’indicazione di Giovanni Battista – «Ecco l’Agnello di Dio» – e seguono Gesù. La prima lettura (1Sam 3,3-10.19), tratta dal Primo Libro di Samuele, riporta il racconto della chiamata di Samuele. Un testo molto noto e suggestivo che racconta della Parola di Dio che si rivolge al giovane Samuele nel tempio durante la notta. L’accostamento delle due letture mette l’accento sul tema della chiamata e in modo particolare anche sulla funzione di coloro che diventano «traghettatori» (cf. Ch. Theobald) nell’incontro con Dio. La seconda lettura (1Cor 6,13-15.17-20) è un invito a «glorificare Dio nel nostro corpo», poiché siamo stati comprati a caro prezzo. Un altro volto della vocazione: poiché Dio ci ha amati per primo siamo chiamati a rispondere alla sua parola e a seguirlo.

Commento

Il brano evangelico è la storia di una vocazione, di un incontro che si apre ad altri incontri, ad altre chiamate. Giovanni dipinge questo incontro con molta cura, come qualcosa che sente molto vicino a sé: è forse la storia del suo primo incontro con il Signore, nella quale ogni discepolo di Gesù può ritrovare con commozione il primo incontro con il suo Signore.

Non si tratta solamente della cronaca di un fatto, qui c’è già la luce della Risurrezione: è già l’incontro con il Signore Risorto. È la chiesa post-pasquale che riconosce in questo fatto il suo attuale incontro con il suo Signore, e qui essa riconosce i tratti di quella relazione che fonda la sua stessa esistenza, la riempie di senso, le dona gioia e speranza per il suo attuale cammino nella storia.

Con cura Giovanni descrive le tappe dell’incontro, gli elementi che possono far nascere e custodire la relazione con il Signore.

«I due discepoli, avendolo ascoltato [acouo], seguirono Gesù» (Gv 1,37). Il primo elemento che permette la sequela è l’ascolto. Si tratta dell’ascolto di un testimone, in questo caso Giovanni Battista. Seguire Gesù in una permanente adesione a lui che si traduce in un modo di agire simile al suo, percorrendo la sua via di ritorno al Padre, inizia dall’ascolto, che è il primo passo di ogni autentica sequela, ma anche di ogni autentica relazione. L’ascolto nella esperienza del discepolo afferma il primato di un Altro. Non sono io a fare il primo passo: il mio è sempre un «passo secondo», una risposta a chi mi ha amato per primo, e mi ha scelto: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). Per divenire discepolo c’è un pane che devo mangiare (Gv 6,53) «mangiare la sua carne e bere il suo sangue», per assimilare il suo modo di vivere e di morire. L’ascolto di una Parola che mi precedere è ciò che mette in movimento i miei passi verso questa assimilazione che trasforma la mia vita… lungo il cammino che è Gesù stesso (Gv 14,6).

«Andarono e videro dove stava…» (Gv 1,39). Il “secondo” movimento dell’incontro con Gesù che Giovanni indica consiste nel «vedere» [orao]. Nessuno ha mai visto Dio (Gv 1,18; 5,37) e Dio rimane il totalmente Altro, colui che nessun uomo può vedere e rimanere in vita, colui il cui nome è impronunciabile. Ma il Figlio unigenito, lui lo ha rivelato, lo ha reso visibile (Gv 1,18). Ascoltare, mettersi in cammino, vedere dove Gesù «rimane» (Gv 1,39) significa aprirsi alla rivelazione di Dio che risplende sul suo volto, nella sua carne. Per divenire vera sequela l’incontro del discepolo con Gesù deve concretizzarsi in questo sguardo nuovo capace di scorgere l’inedito della sua persona, la gloria del risorto nei segni dell’Assente: la tomba vuota, il sudario, la pietra. Uno sguardo che deve riuscire a contemplare nella morte di Gesù sulla croce la massima rivelazione dell’amore di Dio, una vita donata che diventa modello per la vita di ogni uomo che vuole fare di Gesù il riferimento del suo agire e del suo morire. Uno sguardo annunciato dalle Scritture: «Guarderanno a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37). Lo sguardo di Maria Maddalena che torna dal sepolcro dopo l’incontro con il Risorto… e porta l’annuncio della Pasqua ai discepoli: «Ho visto [orao] il Signore» (Gv 20,18).

«…e quel giorno stettero presso di lui» (Gv 1,39). Ma poi c’è un terzo passo nell’incontro con Gesù secondo il Vangelo di Giovanni. Dopo aver ascoltato e visto… occorre rimanere [meno]! È un tema molto caro a Giovanni (cfr. Gv 15, 4-7). Spesso si parla di rimanere in Gesù. Rimanere in Lui è ciò che caratterizza il discepolo: la vita del discepolo dipende da una continua relazione di vita con il Signore Gesù, come il tralcio non fa frutto senza rimanere nella vite. Una relazione che nasce dall’ascolto e dalla visione e che si concretizza in una vita plasmata da quell’ascolto e da quella visione. Ma qui si dice che i discepoli rimangono nel luogo dove Gesù rimane: «Rabbì (che, tradotto, significa «maestro»), dove stai [meno]?» (Gv 1,38); (…) «… e quel giorno stettero [meno] presso di lui» (Gv 1,39). Gesù viene «da presso il Padre» (cfr. Gv 1,1), il luogo del suo dimorare è «presso il Padre», è continua la sua relazione con il Padre. Il luogo nel quale i discepoli sono chiamati a rimanere è quindi la relazione con il Padre che Gesù stesso vive. Tramite Gesù, tramite una vita a immagine della sua, la vita del discepolo dimora presso Dio: Gesù è per il cristiano la via nella quale trovare e vivere la comunione con il Dio, che nessuno ha mai visto.

Conclusione

Ascoltare, vedere, rimanere sono i tre elementi della sequela di Gesù che il vangelo di oggi ci descrive in un incontro tra Gesù e i suoi primi discepoli. Elementi che fanno la nostra relazione con lui: nell’ascolto della Parola (dinamica di ascolto, visione, rimanere…), nell’incontro con l’altro che sta al mio fianco, per una sequela autentica, per un incontro vero. È questa è «epifania», manifestazione: Dio si manifesta in Gesù conducendoci a dimorare dove egli dimora, nel seno del Padre.

Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli

 

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